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Luci (e qualche ombra) nel Partito della Nazione

Il nuovo slogan di Renzi ha un passato antico e inquietante appartenuto alle destre: a meno che non si pensi a Pippo Baudo

Luci (e qualche ombra) nel Partito della Nazione

Cosa vuole Renzi? Tutto. Non c'è più destra né sinistra. Solo una grande insalatiera. È il partito della nazione. Nazione, nazionale, nazional popolare, nazionalista, nazional socialista. Nazione come il quotidiano di Firenze. Nazione che un tempo era una brutta parola, se la evocavi passavi per fascista. Nazione in un Paese di Comuni, di Province, di piccole patrie, di guelfi e ghibellini, di rossi e di neri. Nazione che è il contrario di internazionale. Nazione quando per vent'anni ci hanno rotto le scatole con la globalizzazione. Nazione in fumo. Nazione come le nazionali senza filtro. Nazionale come gli azzurri.

L'uomo della Leopolda non ha paura della parole. Non è come i vecchi della Ditta. Le usa senza farsi troppi problemi sulla loro storia. E questa è una sua forza. Renzi è uno che ragiona così: dite che «partito della nazione» è troppo di destra? Appunto. Chi se ne frega. Il Pd di Renzi non si arrovella sul lettino dello psicanalista. È quello che è. È più o meno quello che dichiara. Il Pd di Renzi ha chiaramente una vocazione maggioritaria. Non solo non si crogiola nella sconfitta. Non solo vuole vincere. Vuole prendersi tutto quello che c'è in giro. Renzi ragiona da monopolista.

Non ha neppure quella umana aspirazione di piacere a tutti. No, non è un seduttore. Non ha la sindrome di Casanova. È molto meno romantico e avventuriero. È un uomo marketing. Punta a conquistare tutti i mercati della politica che può raggiungere. Va a caccia degli elettori di destra, offre a quelli di sinistra una vita oltre il masochismo, promette un'identità ai grillini delusi, regala una poltrona a chi aveva scommesso, perdendo, su Monti, concede un protettorato agli alfaniani. È uno squalo in blue jeans.

Dicono che uno dei film preferiti di Matteo sia Good Morning Babilonia. Ricordate? È la storia di due artigiani toscani, con il talento nelle mani e negli scalpelli. È il 1913. È il tempo del muto e si ritrovano a Hollywood a lavorare per Intolerance, il capolavoro di Griffith. Siccome sono italiani ed emigranti e rubano il lavoro agli americani, non se la passano bene. C'è il capo scenografo che li insulta ogni giorno. Gli italiani sono tutti Dago, Guinea, Guido, Mario, Gino, sono puzzolenti e sovversivi, sfaticati e neri. «Gli italiani pancia al sole, e mani sulla pancia». Questo fino a quando i due toscani sbottano e rivendicano l'orgoglio della patria, di quello che sono. «Queste mani hanno restaurato le cattedrali di Pisa, Lucca, Firenze... Di chi sei figlio tu? Noi siamo i figli, dei figli, dei figli di Michelangelo e Leonardo; di chi sei figlio tu?». Renzi, giustamente, a questo punto si commuove.

Ma di chi è figlio Renzi? Cosa intende Renzi quando parla di «partito nazione»? Come si traduce? È il partito dell'orgoglio nazionale? No, e l'equivoco è tutto qui. A Renzi piacciono i due scalpellini toscani, ma il suo partito non ha molto a che fare con loro. È una bella immagine. È perfetta per superare questa maledetta crisi. E questo il premier lo sa. È quello che Farinetti con altri mezzi spera di vendere nel mondo. È da sbattere sul tavolo dei burocrati di Bruxelles ogni volta che inviano una lettera dove ci ricordano i compiti a casa. È da dove ricominciare per cambiare un destino da travet. È tutto questo. Ma non è il «partito della nazione».

Allora a cosa pensa Renzi? Il «partito della nazione» non ha nulla a che fare con il partito nazionalista di Enrico Corradini, quello fondato a Firenze nel 1910. Non ha a che fare neppure con le imprese di D'Annunzio a Fiume. Non c'è nessuna pace tradita. Non ci sono terre irredente. Non ha nulla a che fare con la Destra Nazionale con nostalgie monarchiche o il dopo Fiuggi finiano di Alleanza nazionale. Non è la Balena Bianca democristiana che era popolare ma non nazionalista. Non ha neppure niente a che fare con Ronald Reagan. Ronnie quando parlava di «partito della nazione» pensava all'identità dei Repubblicani. Il partito di Reagan era, o doveva essere, il sacerdote dei valori più profondi dell'America. Non New York, capitale del mondo, ma quella che Grant Wood ha rappresentato in American Gothic , il quadro con l'agricoltore con il forcone e la faccia seria. Renzi non ha neppure la vocazione gramsciana di conquistare le casematte della cultura. Tanto sono vuote. Non è neppure un modernizzatore come Mustafa Kemal, alias Atatürk. Quando si parla di «giovani turchi» Renzi pensa a Orfini e lo ha già piazzato sulla poltrona inutile di presidente del Pd.

Nulla di tutto questo, quindi. Quando Renzi parla di «partito della nazione» pensa semplicemente a Pippo Baudo. È lui il suo vero punto di riferimento ideale. Vi ricordate quando Pippo era ovunque? Accendevi la televisione a qualsiasi ora e canale e c'era lui. Pippo era la certezza. Magari sbuffavi, ma non ti veniva da cambiare canale. Era appunto nazional-popolare.

Ecco. Renzi sogna un Pd, ma potete anche chiamarlo Pippo, che prenda tutto. Qualcosa che ricordi il Festival di Sanremo dei tempi d'oro. Può anche non piacere a tutti, ma alla fine quasi tutti lo guardano. E ne parlano. E ci scommettono sopra. Alla fine non importa neppure chi siano i cantanti in gara.

L'importante è che ci sia Pippo Baudo.

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