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L'ultima bugia sui marò Anche dopo le elezioni ostaggi di trame indiane

Gli "esperti" dicevano che dopo il voto Modi non avrebbe avuto più interesse a strumentalizzare il caso. Ma ora lo fa l'opposizione

L'ultima bugia sui marò Anche dopo le elezioni ostaggi di trame indiane

Un'altra bugia sui marò ha mostrato le sue gambe corte in queste ore. Il governo Renzi passava veline ai «giornaloni» convinti che l'avvento al potere del nazionalista indù, Narendra Modi, avrebbe in qualche maniera sbloccato il caso. Il nostro ambasciatore a Delhi era andato a baciargli la pantofola, prima della vittoria elettorale, nonostante le sparate propagandistiche contro i marò. Il governo precedente del partito del Congresso, presieduto dall' «italiana» Sonia Gandhi, non voleva saperne dello spinoso caso, che prestava il fianco agli attacchi dei nazionalisti di Modi. A Roma pensavano, in maniera semplicistica, che il nuovo premier, forte del pedigree mangia marò, potesse sbrogliare la matassa. Ed invece non ha fatto nulla ed adesso viene attaccato dall'opposizione per la sua posizione troppo «blanda» in vista del mancato rientro di Massimiliano Latorre a Delhi entro il 13 gennaio, come aveva imposto la Corte suprema.

Non c'è da stupirsi che le accuse vengono rivolte proprio dal partito del Congresso, oggi all'opposizione, più volte punzecchiato sul caso marò quando era al potere. Rashid Alvi, portavoce del Partito del Congresso ha chiesto ieri a gran voce all'esecutivo «una linea dura» sulla pelle dei marò. «Il governo deve agire contro l'Italia: dovrebbe mettergli pressione per il ritorno in India di Latorre in modo che i due possano presto andare a processo» ha dichiarato il portavoce. Sulla stessa linea Choudhary Munawwar Saleem eletto in parlamento fra le fila di un partito di ispirazione socialista: «Adesso è arrivato il momento che il governo agisca. Il popolo indiano vuole giustizia per i pescatori che sono stati uccisi dai due miliari italiani. L'esecutivo deve prendere una posizione ferma per il ritorno di Latorre».

Digvijay Singh, deputato del Congresso, ricorda furbescamente come «il premier Narendra Modi avesse spesso attaccato il governo precedente sulla questione dei due marò italiani. Finora non ha preso alcuna posizione, il che conferma la sua debolezza».

Qualunque partito al potere in India i marò finiscono sempre stritolati dallo scontro politico, nonostante le vane speranze di Roma alimentate sui giornaloni italiani.

Ieri il ministro della Difesa, Roberta Pinotti, ha fatto visita a Latorre ricoverato all'ospedale San Donato, alla periferia di Milano, dopo un intervento al cuore. Il marò sta bene e ha trascorso una notte tranquilla. In pochi giorni dovrebbe venir dimesso, ma la convalescenza, in assoluto riposo, potrebbe durare dalle tre alle cinque settimane. Improbabile che torni a Delhi entro la scadenza del 13 gennaio. Gli indiani lo sanno e stanno cominciando ad agitarsi. E ieri da New York, il portavoce, Stephane Dujarric, ha ribadito che il segretario generale Ban Ki Moon, «è preoccupato che la vicenda tra Italia e India rimanga irrisolta e possa avere implicazioni per la collaborazione sulla pace e la sicurezza internazionale, comprese le operazioni antipirateria».

L'Onu, però, continua a lavarsene le mani e l'Italia non è capace di sbattere i pugni sul tavolo nemmeno al palazzo di Vetro ritirando, per protesta sul caso marò, i nostri caschi blu da tutte le missioni.

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