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L'ultima chiamata di Draghi: "Ci sarà un compromesso"

Il presidente della Bce lancia segnali di pace sulla manovra. Conte: «Fiducioso sul confronto con la Ue»

L'ultima chiamata di Draghi: "Ci sarà un compromesso"

«Sono piuttosto ottimista su un compromesso. Tutti abbassino i toni, istituzioni europee incluse. Le parole fanno male a famiglie e imprese in Italia che pagano maggiori tassi di interesse sui prestiti» a causa dell'aumento dello spread.

Mario Draghi, dopo aver fatto suonare l'allarme nei giorni scorsi e aver chiesto ai Paesi più indebitati di «onorare gli accordi», prova a tessere una rete di protezione per abbassare la pressione internazionale sull'Italia e chiede a tutti un esercizio di responsabilità. Dopo le tante preoccupazioni espresse dal Fondo Monetario Internazionale e dalla Commissione europea e dopo il richiamo della Bce a rispettare il Patto di stabilità e crescita, l'uomo che nel 2012 con il suo «whatever it takes» fermò la speculazione sull'euro, sceglie la via della rassicurazione, invitando però il governo italiano a mettere in chiaro che la moneta unica non si tocca. Il messaggio arriva da Bali dove il Fmi riunisce economisti, ministri e governatori delle banche centrali ed è rivolto a tutti gli attori coinvolti.

«Il caso dell'Italia è un caso complesso stiamo parlando di un paese ad alto debito» e la discussione diventa «ancora più complicata se alcuni mettono in discussione l'euro: queste affermazioni hanno creato grandi danni, ci sono prove che lo spread è aumentato dopo queste affermazioni». Riferendosi alla manovra e al confronto in atto con Bruxelles, Draghi si dice «fiducioso che tutte le parti trovino un compromesso».

Secondo il presidente dell'Eurotower comunque «bisogna aspettare per dare una valutazione complessiva» della legge di bilancio. Intanto «tutte le parti devono abbassare i toni, non solo l'Italia. Non è la prima volta che c'è stata una deviazione delle regole stabilite dall'Europa».

Un tentativo di circoscrivere il caso Italia e riportarlo dentro un perimetro meno emotivo e umorale che fa il paio con la volontà di sgombrare il campo dal rischio di un effetto contagio verso altri Paesi dell'Unione Europea: «Non voglio nemmeno prendere in considerazione questa ipotesi. Quello che sta succedendo in Italia è una questione che interessa solo l'Italia». Fermo restando, però, - e qui l'indice è puntato contro l'esecutivo gialloverde - che ridiscutere le regole europee «provoca instabilità» e che una «politica fiscale espansiva è più complicata in paesi con un debito pubblico alto».

Il presidente della Bce respinge la tesi secondo cui l'impennata dello spread sarebbe in qualche modo legata alla decisione della Banca centrale di chiudere il programma di acquisto dei titoli di Stato. «Vi faccio un esempio, la Bce non compra titoli greci, che non hanno i requisiti, eppure lo spread tra Italia e Grecia si è ristretto». Draghi ricorda «che nei trattati sono stati inseriti meccanismi pensati proprio per gestire queste situazioni». Infine ricorda che rispetto alla fase pre-crisi, l'istituto di Francoforte è più attrezzato per affrontare le crisi. Anche grazie alle cause vinte dalla Bce davanti alla Corte di giustizia, che ne ha accertato la legittimità.

Se Draghi lancia segnali di appeasement, il premier Giuseppe Conte fa mostra di voler aprire un serio canale di dialogo con Bruxelles. «A me interessa innanzitutto il metodo» dice a Bologna «prima bisogna sedersi a un tavolo, analizzare i contenuti, e dobbiamo avere il tempo di poter spiegare come l'abbiamo impostata. Non esiste, se non attraverso pregiudizi, una valutazione preventiva, quindi lasciateci il tempo di sedere attorno a un tavolo con i nostri interlocutori europei e di spiegare la nostra manovra.

Sono convinto di poterli persuadere».

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