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L'ultima di Di Maio: disoccupato è bello

Tesi choc del candidato premier: "Non si deve avere paura di perdere il lavoro"

L'ultima di Di Maio: disoccupato è bello

Roma - Nel magico mondo a Cinque Stelle l'importante è crederci. Niente è impossibile. E il Luigi Di Maio che annuncia la rottamazione dei sindacati, manovre shock per rilanciare l'economia e un futuro lavorativo a chi il lavoro non lo cerca, emoziona come un film in 3D: una splendida illusione.

Andiamo con ordine. Intervenendo al Festival del Lavoro al Lingotto di Torino il candidato premier grillino si è scagliato contro i sindacati che ha bocciato senza pietà e senza però fornire alcuna coordinata per un futuro possibile. «I sindacati si autoriformino o lo faremo noi al governo - tuona il vicepresidente della Camera -. Se un paese vuole essere competitivo, se cambia il mondo del lavoro, il paese deve prevedere cambiamenti radicali dei sindacati prima che sia tardi». Alla Cgil l'hanno presa male. «Linguaggio autoritario e insopportabile da analfabeta della Costituzione, questo non sa neanche di che cosa parla», commenta sarcastica Susanna Camusso. Ma il giovane Di Maio va avanti dritto per la sua strada: «Tocca dare peso alle organizzazioni giovanili, devono contare di più a livello di contratti. E poi un sindacalista che prende la pensione d'oro e ha finanziamenti ovunque che credibilità ha nei confronti di un trentenne?». Già. Per Di Maio servirebbe una «manovra shock» sul costo del lavoro che permetta di far riprendere l'economia subito. «Dobbiamo dare possibilità alle imprese e agli studi professionali di assumere giovani e dare gettito allo Stato. Così potremo pagare il debito e fare ulteriori investimenti per abbassare il costo del lavoro. Facciamo un po' di deficit produttivo, investiamo nell'abbassamento del costo del lavoro per rimettere in moto l'economia».

E alla fine annuncia la rivoluzione che farà piazza pulita degli orari d'ufficio, del capo, delle macchinette del caffè. Un futuro lavorativo apocalittico, speriamo solo che non piova come in Blade Runner. «Al di là dei nostri desideri, è in arrivo la Smart Nation, un nuovo modello di Paese in cui i lavori si trasformano e in cui non dobbiamo aver più paura di perdere il posto». Il grillino cita una fantomatica ricerca secondo la quale «il 50 per cento dei posti di lavoro nel 2025 sarà legato al settore creativo, turismo, cultura e nuove tecnologie, mentre il 60 per cento delle professioni attuali si trasformerà o sparirà del tutto». «Cominciamo a investire in innovazione tecnologica - conclude -. Internet è la più grande fabbrica di posti di lavoro per fare in modo che i giovani non scappino all'estero». Concetti non proprio di prima mano. Nel manuale Lavorare gratis, lavorare tutti. Perché il futuro è dei disoccupati il sociologo Domenico De Masi parla di nuova era del lavoro, proprio come Di Maio. Nel libro si teorizza una disoccupazione crescente nei prossimi anni in cui software sempre più sofisticati lavoreranno al posto di medici, dirigenti e notai. La soluzione è trovare criteri radicalmente nuovi per ridistribuire in modo equo la ricchezza. Diciamo un audace adattamento de Il Capitale. Che i Cinque Stelle hanno fatto loro.

E poi dicono che si buttano a destra.

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