Politica

L'ultima minaccia di Renzi: dimissioni da segretario Pd

Notte insonne e sfogo su Facebook, Matteo medita la vendetta: congresso in fretta per riprendersi il partito

L'ultima minaccia di Renzi: dimissioni da segretario Pd

Un post che è anche uno sfogo. Quasi un canto notturno di un ex premier errante a Pontassieve, quello lasciato su Facebook da Matteo Renzi domenica all'una e mezza del mattino. Il racconto del ritorno a casa, come ogni fine settimana, «solo che stavolta è diverso», sospira il fu presidente del Consiglio, che potrebbe dimettersi anche da segretario per accelerare i tempi del congresso e tornare in sella.

«Con me arrivano scatoloni, libri, vestiti, appunti - scrive - ho chiuso l'alloggio del terzo piano di Palazzo Chigi. Torno a casa davvero». Poi c'è la rivendicazione dei risultati raggiunti, nonostante i «commentatori maramaldi», l'orgoglio per i «mille giorni di governo fantastici», l'«amaro in bocca per quello che non ha funzionato» e la delusione, «tanta», per l'esito del referendum.

Il tono è amaro, malinconico, anche se stemperato da qualche battuta, come la constatazione che strappare l'uso della tavernetta ai figli è «più complicato di gestire la maggioranza», che pure qualche grattacapo gliel'ha dato. E ancora intende darglielo, nonostante l'ottimismo scout ostentato da Renzi («Non ci stancheremo di riprovare e ripartire», spiega, facendo gli auguri al suo successore, che al momento è il fedelissimo renziano Gentiloni). Perché la resa dei conti nel Pd continua, e la minoranza Dem non ha intenzione di mollare l'osso in mano al segretario del partito.

Oggi per esempio Renzi dovrà interrompere il buen retiro di Pontassieve per tornare a Roma. C'è la direzione nazionale del Pd che lui avrebbe volentieri disertato, restando a casa a leccarsi le ferite. Ieri, ai cronisti che gli chiedevano del suo ritorno nella capitale, ha replicato «sono pontassievese», infilandosi in chiesa con la moglie, Agnese. Ma la minoranza Pd gli ha fatto cambiare idea. Ha preteso la sua presenza, minacciando ritorsioni se non si fosse presentato all'appuntamento. All'ordine del giorno c'è l'analisi della situazione politica: senza l'ex premier il tiro al bersaglio per i suoi avversari non sarebbe stato lo stesso. Renzi ne ha preso atto e oggi aprirà suo malgrado la direzione, rassegnandosi a incassare gli attacchi dell'opposizione interna. Che non cessa di contestarlo, anche in previsione del futuro congresso. Renzi vuole stringere i tempi e contrattaccare. La corsa per la segreteria si aprirà domenica con l'assemblea nazionale, l'ex premier potrebbe rassegnare le dimissioni, anticipando congresso e primarie che potrebbero tenersi a marzo. Per la minoranza Dem è l'occasione di provare a bissare il voto - e gli effetti - del referendum, ma Renzi conta di uscirne confermato e legittimato sia come leader del partito che come candidato premier. E a dar retta ai sondaggi, sembra che il segretario possa riuscirci. Secondo un sondaggio commissionato a Scenaripolitici dall'Huffington post, infatti, Renzi non avrebbe al momento rivali in grado di metterlo in discussione come candidato premier tra gli elettori del Pd. Anche per mancanza di concorrenti credibili nel campo avverso. Per il rilevamento, più di metà del popolo dem (il 52,1 per cento) sceglierebbe l'attuale segretario, mentre il suo predecessore Pierluigi Bersani, se si realizzasse l'ipotesi di una candidatura in quota minoranza, sembra non avere scampo.

Il campione gli assegna appena l'11,8 per cento dei consensi tra gli elettori democratici, piazzandolo solo al terzo posto, a distanza abissale da Renzi e dietro persino al governatore toscano Enrico Rossi, secondo con il 12,7 per cento.

Commenti