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L'ultima "renzata" costa 25 miliardi

L'ex premier ricicla una vecchia idea di Vendola: lavoro di cittadinanza per tutti

L'ultima "renzata" costa 25 miliardi

Mentre i conti pubblici italiani restano sull'orlo del precipizio della procedura di infrazione e la «manovrina» da 3,4 miliardi sembra più complessa di un cubo di Rubik, l'ex presidente del Consiglio, Matteo Renzi, con un un'intervista al Messaggero ha reso noto all'opinione pubblica che il viaggio in California gli ha fatto capire che Nichi Vendola non aveva tutti i torti. Dal cilindro della sua campagna elettorale permanente ha tirato fuori tre proposte il cui costo complessivo potrebbe aggirarsi tra i 20 e i 25 miliardi di euro. Si tratta del «lavoro di cittadinanza», della «protezione sociale» e del vecchio piano di taglio dell'Irpef.

Il primo progetto è stato definito una «rivoluzione del welfare». In pratica, è una controproposta al reddito di cittadinanza dei grillini con una differenza. L'obiettivo M5S è erogare una sorta di indennità di sussistenza di 780 euro mensili a coloro che sono sotto la soglia di povertà e viene revocato dopo il rifiuto di tre proposte di lavoro. Il costo stimato è di 15 miliardi. Il «lavoro di cittadinanza», invece, non si sa ancora cosa sia ma l'ha sperimentato Nichi Vendola nella sua ultima fase di governo della Puglia: cercare di ricollocare all'interno delle pubbliche amministrazioni o del terzo settore che svolge servizi per conto della pa coloro che percepiscono sussidi di disoccupazione così da garantire un reddito minimo di 500 euro mensili a coloro che svolgono queste mansioni. In Italia a fine dicembre i disoccupati, secondo l'Istat, erano 3,1 milioni. Garantire loro almeno 6mila euro l'anno tramite un'occupazione pubblica o parapubblica costerebbe come minimo 18,6 miliardi.

Il secondo punto è la «protezione sociale», un omologo della protezione civile che dovrebbe occuparsi dell'assistenza degli esclusi dal mondo del lavoro. Un decreto attuativo del ddl povertà (varato sotto il governo Renzi e concluso da Gentiloni) prevedrà la distribuzione di una card da 400 euro mensili a 1,7 milioni di famiglie a basso reddito di giovani con figli minori e di ultra 55ennni che hanno erso il lavoro. Costo stimato circa 2 miliardi da recuperare tramite la webtax sul fatturato dei colossi digitali. Quando la propose Enrico Letta, Renzi la bocciò. Oggi torna utile. Il catalogo si arricchisce, poi, con una vecchia promessa ribadita ieri sera a Che tempo che fa. «Stiamo lavorando al piano del taglio dell'Irpef per i prossimi cinque anni», ha dichiarato. Tanto per ricordare: una lieve smussatura dell'imposta vale già 3,5 miliardi.

Di tutte queste ipotesi, per ora campate per aria, il ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, non ha tempo per occuparsi. La sua insofferenza, denunciata dal Giornale, qualche giorno fa comincia a ingigantirsi visto che le proposte di manovra correttiva fondate su incremento delle accise (tabacchi e/o benzina) sono state fermate dallo stesso Renzi. Mentre lo split payment, cioè l'inversione dei versamenti Iva, sebbene efficace potrebbe non avere l'ok dell'Europa che non si accontenterebbe nemmeno di una generica lotta all'evasione. Certo, il titolare del dicastero di Via XX Settembre smentisce seccamente l'intenzione di gettare la spugna, ma l'irritazione è molto forte. «In tre anni mai avute procedure di infrazione europea.

Sono convinto che non ci sarà una infrazione, è giusto che Padoan abbia tutte le rassicurazioni ma l'Europa dovrebbe avere un'anima», ha detto ieri sera Renzi per svelenire il clima dando la colpa, ancora una volta, all'Europa.

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