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L'ultima scommessa della Mogherini

Giura sull'unità degli europei ma teme che i singoli Paesi marcino divisi

L'ultima scommessa della Mogherini

L'Europa è sotto ogni aspetto la grande sconfitta della decisione di Donald Trump di ritirare gli Stati Uniti dal trattato sul nucleare iraniano: sia sotto il profilo economico, con i danni che subiranno le sue imprese (quelle italiane in prima fila) che avevano ricominciato a fare affari lucrosi con Teheran, sia sotto quello diplomatico, perché l'intesa siglata tre anni fa poteva essere sbandierata come uno dei rari successi di Bruxelles in questo campo.

Se c'è un personaggio che la nuova situazione mette in particolare difficoltà, questo è Federica Mogherini. L'alta rappresentante della politica estera dell'Ue è sempre stata la più convinta sostenitrice del trattato con l'Iran, e i toni e perfino la mimica con cui martedì sera ha espresso pubblicamente il rammarico per la decisione di Trump di chiamarsene fuori dicevano molte più cose delle parole, già assai esplicite, che ha pronunciato.

La Mogherini non si è limitata ad auspicare un impossibile ripensamento della Casa Bianca, e neanche ad assicurare che i Paesi europei avrebbero certamente agito per tutelare i propri interessi mantenendosi fedeli all'intesa firmata con la Repubblica islamica. Ha fatto molto di più: ha lanciato contemporaneamente due sfide. Una, teorica, agli americani e una, molto più concreta perché riguarda la sua stessa credibilità nel ruolo che occupa, ai leader politici di Francia, Regno Unito e Germania, i tre Paesi europei cofirmatari del trattato con l'Iran.

Chiedendo a Emmanuel Macron, a Theresa May e ad Angela Merkel di mantenere una posizione comune senza tradire l'impegno siglato tre anni fa, la Mogherini sa di mettere in gioco se stessa. Infatti, non è affatto certo che il seme di divisione gettato da Trump tra gli europei non produca i frutti che lei teme, e che se maturassero smentirebbero la sua affermazione di un'Unione Europea «determinata a difendere l'intesa con l'Iran».

Segnali di queste divisioni sono già visibili: Macron ha pragmaticamente suggerito di ripartire dal punto indicato da Donald Trump, cioè da una ridiscussione del trattato con Teheran «su una base allargata», che tenga conto quindi del ruolo attivo e minaccioso che la Repubblica islamica ha preso a svolgere in Medio Oriente, in particolare contro Israele e il fronte sunnita guidato dai sauditi.

Questa parziale sintonia del presidente francese con Trump sembra già in grado di guastare il rapporto preferenziale della Merkel con Macron, che è un pilastro dell'unità d'azione europea. Bisognerà poi vedere se la difesa degli interessi soprattutto economici in Iran dei singoli Paesi dell'Ue non finirà col prevalere sull'unità di facciata (se non di sostanza) su cui tanto insiste Federica Mogherini. Se questo accadesse, Lady Europe avrà perso la sua scommessa. E Trump avrà vinto un pezzo della sua.

RFab

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