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L'ultimo regalo ai giudici. Il governo vuole elargire pure la mancia di Natale

Accantonato l'emendamento di Dambruoso: puntava a estendere l'indennità di trasferta ai venti magistrati della Dna. Una spesa totale da 192mila euro

L'ultimo regalo ai giudici. Il governo vuole elargire pure la mancia di Natale

Lungo ponte dell'Immacolata, Camere semideserte, scarsa attenzione dei media e in commissione bilancio di Montecitorio, dove si lavora sulla legge di Stabilità, un emendamento firmato dal magistrato Stefano Dambruoso s'insinua tra le norme per far avere un regalo di fine anno ai suoi colleghi della Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo.

Allarga anche a loro, infatti, l'indennità di trasferta per i fuori sede, 20 giorni al mese, già riconosciuta da tempo alle toghe di Cassazione, Consiglio di Stato e Corte dei Conti.

Spesa aggiuntiva per il bilancio pubblico di 192.786 euro a decorrere dall'anno 2016, fino al 2018. Che dovrà essere coperta finanziariamente, e non si sa come anche se la cifra è contenuta, visti tagli e ristrettezze della crisi. Il governo, con il viceministro Enrico Morando dà parere favorevole, il relatore Pd Fabio Melilli pure e l'emendamento sembra votato al successo. Per ora, però, il presidente dem della commissione Francesco Boccia decide di accantonarlo. Come uno in tutto analogo proposto in commissione Giustizia. L'impressione è che, alla fine, passerà senza obiezioni.

Tutto nasce dalla Finanziaria 2004, che recita all'articolo 3: «Ai magistrati che esercitano effettive funzioni di legittimità presso la Corte di cassazione e la relativa Procura generale, a quelli in servizio presso le sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato e presso le sezioni giurisdizionali della Corte dei conti centrale e la relativa Procura generale compete l'indennità di trasferta per venti giorni al mese, escluso il periodo feriale, ove residenti fuori dal distretto della corte d'appello di Roma». Una misura che dovrebbe «favorire l'accesso agli uffici giudiziari nazionali da parte di magistrati provenienti da tutte le singole realtà territoriali», secondo il Csm. In pratica, riguarda tutti quelli che abitano fuori del Lazio. Tra le circa 450 toghe della Cassazione, per fare un esempio, la percentuale tra Suprema Corte è Procura generale è molto alta e un buon numero viene da Napoli. I fuori sede prendono circa 400 euro mensili, come rimborso spese per le 4 udienze cui sono tenuti a partecipare ogni mese nel Palazzaccio di Roma, mentre il resto del lavoro lo fanno a casa loro.

Attenzione, ci vuole l'autorizzazione del Csm, perché dal 2010 l'organo di autogoverno della magistratura ha affermato il principio per le toghe dell'obbligo di residenza nella sede del proprio ufficio. Anzi, nella delibera di Palazzo de' Marescialli del 2011 si boccia l'ipotesi di cancellare quest'obbligo o di rivedere il sistema dell'autorizzazione, come chiesto dalla Cassazione in nome del fatto che i magistrati in questione hanno competenza su tutto il territorio italiano, com'è anche per la Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo.

Il Csm disse no a qualsiasi deroga e ribadì in quel caso che la sua circolare non andava modificata e che l'autorizzazione caso per caso ci voleva, anche in relazione all'indennità di trasferta prevista dalla legge 350. Ora l'emendamento Dambruoso 33.109 intende applicare il pagamento dell'indennità di trasferta come trattamento accessorio anche ai magistrati della Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo.

Che sono poco più di una ventina e sperano di festeggiare un 2016 un po' più ricco del precedente.

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