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L'ultimo sfregio di Ortega: fa picchiare il cardinale

L'ultimo sfregio di Ortega: fa picchiare  il cardinale

San Paolo - Il satrapo sanguinario, ladro (oggi è l'uomo più ricco del Nicaragua) e violentatore di bambine - tra cui la sua figliastra Zoilamerica - che corrisponde al nome di Daniel Ortega sta superando da quasi tre mesi ogni limite dell'umana decenza e delle violazioni dei diritti umani, nel disinteresse del mondo.

Certo, far picchiare dai suoi paramilitari (incappucciati e con pistole e armi bianche alla mano) le massime autorità del cattolicesimo del Nicaragua - che con una pazienza degna di Giobbe da 80 giorni si erano posti coraggiosamente come mediatori della guerra civile sempre meno strisciante che sconvolge il piccolo paese centroamericano - è se non altro servito a fare per un giorno «indignare Washington» ed interessare la Santa Sede, che ieri dava notizia dell'aggressione con la giusta rilevanza.

Anche perché lunedì 9 luglio l'arcivescovo ausiliare di Managua, Silvio José Báez - prelato dal coraggio degno di Monsignor Romero nella difesa del popolo minuto, la speranza è che non gli tocchi la stessa sorte al pari del Cardinal Leopoldo Brenes, arcivescovo di Managua e del nunzio apostolico, Stanislaw Waldemar Sommertag, sono stati aggrediti in una basilica. Quella di San Sebastian di Diriamba, città a 40 Km dalla capitale ribellatasi nei giorni scorsi contro Ortega e, per questo, punita «esemplarmente» l'ultimo fine settimana da polizia e paramilitari del dittatore con un saldo, al momento, di 17 morti.

Nella basilica di San Sebastian era accorso l'altroieri pomeriggio il gotha del cattolicesimo nicaraguense per salvare da linciaggio certo un gruppo di studenti e lavoratori ribelli rifugiatisi proprio nel luogo principale di culto di Diriamba, assediato dai paramilitari orteguisti. Poi le botte, denunciate su Twitter da Mons. Báez che, sempre sul social, precisa: «le botte e le ferite d'arma bianca sono nulla. È molto più grave ciò che soffre il popolo che non ha voce per chiedere aiuto ed al fianco del quale oggi la Chiesa è più presente che mai». Un popolo senza armi che dal 18 di aprile scorso ha già sepolto oltre 330 eroi, quasi tutti giovani studenti armati solo di coraggio e assetati di libertà e giustizia.

Domani con i lavoratori e le madri del Nicaragua torneranno ad occupare la capitale con una marcia seguita, il 13 luglio, da uno sciopero generale il cui solo scopo sono le dimissioni di Ortega, il satrapo che somiglia sempre più a Somoza.

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