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Ma l'Unione va migliorata, non certo abbandonata

Il presidente dell'Europarlamento, Antonio Tajani, difende i valori comuni del continente

Ma l'Unione va migliorata, non certo abbandonata

Caro Direttore,

qualche giorno fa ho avuto la fortuna di visitare la Libreria Antica dell'Università di Perugia dove sono raccolti migliaia di volumi che raccontano la nostra storia comune a partire dal Medioevo. Vedere opere classiche conservate dai monaci benedettini di Subiaco grazie alla collaborazione dei tipografi tedeschi di Magonza, leggere i nomi di centinaia e centinaia di studenti spagnoli, francesi e tedeschi che già allora frequentavano una delle più antiche università mi ha fatto riflettere sulle ragioni del nostro essere europei e sulla necessità del dover stare insieme.

L'Europa è la nostra identità dove storia e cultura si intrecciano in un comune percorso. Che fine avrebbe fatto il diritto romano se non ci fossero stati i giuristi tedeschi e Napoleone a diffonderlo e farne un patrimonio comune? Ci sarebbe mai stato Rembrandt se non avesse avuto la possibilità di studiare le luci di Caravaggio? Ci sarebbe mai stato Bach se non avesse ascoltato Vivaldi? Ci sarebbe mai stato l'illuminismo francese se Rousseau non avesse avuto la possibilità di leggere i classici tramandati dai benedettini? E che dire dei grandi architetti italiani che hanno abbellito le capitali europee? È una civiltà figlia dei valori dell'antica Grecia, sviluppatisi a Roma ed arricchiti dal cristianesimo. Sì, il Cristianesimo vero denominatore comune degli europei. Anche dei non credenti. «Non possiamo non dirci cristiani» diceva il liberale Benedetto Croce.

Non tutti sanno che la bandiera europea a questi valori si richiama: le dodici stelle sono quelle che circondano il capo di Maria Assunta e rappresentano le dodici tribù d'Israele. Il colore blu è lo stesso del mantello di Maria. Per difendere la libertà (valore fondante la nostra civiltà) il cardinal Mindszenty ha pagato un prezzo altissimo insieme agli studenti, ai braccianti e agli operai ungheresi che nel 1956 si ribellarono alla dittatura comunista. Guardavano al miraggio che appariva al di là della cortina di ferro: l'Europa libera che si stava riunendo.

Tutto questo rappresenta la nostra identità alla quale non possiamo rinunciare. Se lo faremo ce ne imporranno un'altra che ha poco a che fare con la nostra storia. E una società, forte della sua identità, non ha mai paura di confrontarsi con altri e non ha timore di accogliere e integrare chi fugge da persecuzioni e guerre. Per tutto ciò, noi italiani non possiamo non sentirci europei e non possiamo gettare alle ortiche valori e identità solo perché a Bruxelles molte cose non funzionano e perché la burocrazia, troppe volte, ha sopraffatto la politica. Gli Stati Uniti hanno impiegato un secolo ed hanno dovuto affrontare una sanguinosa guerra civile per raggiungere la loro unità. E ancora oggi non hanno risolto tutti i loro problemi. L'Unione Europea, con i suoi difetti, ci ha garantito pace, libertà, progresso economico. Distruggerla perché ci sono cose che non vanno sarebbe un errore storico, soprattutto per l'Italia. Uscire dall'euro con il debito pubblico attuale sarebbe un disastro. E come affrontare l'emergenza immigrazione e quella terrorismo da soli? Come difendere le nostre industrie nella competizione con Cina, Russia, Stati Uniti e India?

È vero quello che dicono scettici e sovranisti: la Germania spesso ha assunto un ruolo di guida tutelando i propri interessi. Ma è colpa di Berlino o di noi italiani che raramente abbiamo contribuito alle scelte dell'Ue perché disattenti o presi da faide interne e magari pronti a screditare per motivi di bottega chi voleva più Italia in Europa?

Certo, Brexit rappresenta una sconfitta ma non un esempio da seguire. Gli olandesi lo hanno fatto capire chiaramente qualche giorno fa. La strada da intraprendere è un'altra, quella cara a tutti coloro che fanno parte del variegato album di famiglia dell'europeismo italiano del dopoguerra: da Alcide De Gasperi a Gaetano Martino, da Altiero Spinelli a Bettino Craxi, da Ugo La Malfa ad Alfredo Covelli e Giorgio Almirante.

La sfida da vincere è quella per costruire un'Europa con un'unica politica estera ed un'unica politica di difesa, più democratica, più equilibrata. Ma soprattutto più vicina ai cittadini. Un esempio? Quello che si sta facendo per le vittime del terremoto. Venerdì saremo a Norcia per confermare gli impegni presi(non solo economici, ma arriveranno 2 miliardi di fondi Ue) con le città ferite. Le aiuteremo a ripartire con la stessa volontà con la quale dobbiamo far ripartire la nostra Europa. Le celebrazioni per i 60 anni dei Trattati di Roma non possono e non devono rappresentare il trionfo di una inutile e polverosa retorica, ma l'inizio di una nuova stagione. Che torni a far credere e sognare i nostri figli. Hanno il diritto di non essere costretti a rinunciarvi. Farò di tutto perché possano guardare al loro futuro con ottimismo. Convinto che la forza dei valori e degli ideali prevarrà sul pensiero debole di burocrati annoiati e di black bloc inutilmente violenti.

Antonio Tajani
Presidente dell'Europarlamento

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