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L'uomo di fiducia di Veltroni mette nei guai anche Alfano

Dopo la condanna per droga negli anni '90, Odevaine aveva cambiato nome per garantirsi una carriera serena. E così ha potuto lavorare a Roma e al Viminale senza essere riconosciuto

L'uomo di fiducia di Veltroni mette nei guai anche Alfano

Roma Non se n'è accorto Veltroni. Non se n'è accorto Zingaretti. Non se n'è accorto nemmeno Angelino Alfano. Ma per una sorta di nemesi, per una beffa del destino, se ne sono accorti Oltreoceano. Luca Odevaine, storico collaboratore di Walter Veltroni, poi capo della polizia provinciale con Nicola Zingaretti, infine membro del Tavolo di coordinamento per l'immigrazione, uno degli strumenti chiave per la gestione degli sbarchi del Viminale di Alfano e di Mare Nostrum, anni fa s'era cambiato il cognome.

Non per vezzo, ma «per non compromettere le sue possibilità istituzionali», scrive nell'ordinanza su «Mondo di mezzo» il gip Flavia Costantini. Perché Odovaine/Odevaine nell'ormai lontano 1989 s'era beccato una condanna a due anni di reclusione per droga. Nel 1991 l'aveva smacchiato l'indulto, nel 2003 era arrivata anche la riabilitazione. Ma il ritocco al nome, per uno come lui, lanciato in politica, era una sicurezza in più. Un dettaglio «di cui nessuna delle amministrazioni interessate si accorge», osserva ancora il giudice romano. Almeno in Italia. Perché quando pochi mesi fa, ad aprile, Odevaine si prepara a partire per gli Usa, gli arriva una sgradita sorpresa. Che lui stesso, intercettato, racconta così: «Sai che gli americani mi hanno respinto il visto... Mi hanno messo l'articolo di una legge (...) che dirà che se uno è stato condannato non può andà negli Stati Uniti cioè una roba da matti (...) cioè in una democrazia come quella, cioè che uno abbia avuto una condanna 26 anni fa, che sia stato riabilitato e comunque ha avuto ruoli pubblici e tutto quanto, tu non puoi andà negli Stati Uniti».

Già. Il primo dettaglio, la nemesi appunto, è che l'uomo che la presunta «Cupola» romana rossonera guidata da Carminati e Buzzi aggancia per fargli «gestire e orientare» i flussi di immigrati e rifugiati, dirigendoli verso i centri di accoglienza riferibili al «gruppo» di amici, si ritrova invece respinto, con danni, dall' Immigration services a stelle e strisce.

L'altra cosa degna di nota è che l'amministrazione Usa «sgama» Odevaine, «a differenza» - annota il giudice - di quanto avviene in Italia. Dove, appunto, l'ex collaboratore di Veltroni, nonostante il suo passato - e soprattutto nonostante il suo presente (sempre il gip scrive che l'uomo si lamenta del «No» al visto «proprio mentre commette gravissimi reati contro la Pubblica amministrazione») - si fa indisturbato la sua carriera al fianco di sindaci e amministratori dem. Arrivando infine al Viminale, come rappresentante delle Province al Tavolo di coordinamento dell'immigrazione, «in forza di una nomina proveniente da un Presidente di Provincia che non è più tale» - Zingaretti - e senza che nessuno, nel ministero guidato da Angelino Alfano, si accorga di nulla.

Né del passato di Odevaine né, appunto, delle sue sospette attività presenti. Eppure, come detto, proprio in forza del suo incarico nell'organismo del ministero dell'Interno, Odevaine diventa un buon «investimento» per il duo rossonero Buzzi-Carminati. Proprio rimarcando l'importanza strategica del suo ruolo, rivendicando di aver portato a Roma «2.

500 immigrati» invece dei previsti 250, Odevaine «giustifica» il fatto che Buzzi dica, intercettato, di averlo a libro paga, versandogli, tra soldi e altre utilità, circa 5mila euro al mese.

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