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L'uscita dal lavoro a 63 anni: via tre anni e sette mesi prima

Accordo vicino tra governo e parti sociali sulla riforma Esperimento biennale, ma i costi sono imprevedibili

L'uscita dal lavoro a 63 anni: via tre anni e sette mesi prima

Accordo a portata di mano, per non dire già siglato tra governo e sindacati. Il ritorno della concertazione - annunciato dopo il terremoto dallo stesso Matteo Renzi già da un po' a caccia di consensi persino nei sindacati, territorio che fino a poco tempo fa evitava - ha dato come risultato una intesa che porterà a due firme sicure, quelle di Cisl e Uil e una posizione, quella della Cgil, che assomiglierà molto a un «nì». L'incontro conclusivo è previsto per il 21.

I contenuti sono quelli noti e i cambiamenti introdotti dalla rinnovata voglia di confronto tra parti sociali e il governo è l'arrotondamento dell'età del massimo anticipo della pensione. Saranno 63 anni. L'anticipo massimo non sarà più di soli tre anni, ma, visto che l'età del ritiro 66,7, di tre anni e sette mesi. «La mediazione è arrivata oggi ma era in viaggio da un po'. Noi avevamo chiesto un anticipo di 4 anni», ha spiega il segretario confederale della Cisl, Maurizio Petriccioli, al termine della riunione.

I sindacati hanno ottenuto l'inclusione di varie categorie tra quelle che non pagheranno l'anticipo (e quindi nemmeno gli interessi che per gli altri sono particolarmente onerosi). Sarebbero confermati i disoccupati, i disabili e i lavoratori privi di ammortizzatori sociali. Si lavorerebbe anche per includere in questo beneficio i lavori particolarmente pesanti (si fa l'ipotesi dei lavoratori dell'edilizia, della scuole di infanzia, macchinisti ed infermieri) purché l'importo della pensione non sia superiore ai 1.200 euro netti, 1.500 euro lordi. Ma nelle confederazioni già si ragiona guardando all'iter parlamentare. Se l'Europa dovesse concedere maggiori margini di spesa, ci saranno pressioni su deputati e senatori per allargare le maglie delle categorie che non pagheranno l'anticipo di tre anni, fino a includerne il più possibile. Per ora sarà una sperimentazione di due anni. Servirà, ha spiegato il governo ai sindacati, a effettuare un «monitoraggio» sull'Ape, anticipo pensionistico. Più probabile che la scelta della sperimentazione sia un modo per non impegnare i conti pubblici su un progetto che ha costi in larga parte non prevedibili. Difficile sapere quanti aderiranno all'anticipo della pensione.

Valutazione positiva anche per la Uil pensionati. «Nel prossimo incontro del 21 speriamo si possa arrivare a una conclusione positiva, anche in base alle risorse che il governo riuscirà a trovare per l'attuazione delle misure. Nell'incontro di oggi, il sottosegretario non ha infatti ancora definito l'entità delle risorse», ha spiegato il segretario generale della Uil pensionati, Romano Bellissima.

Confermato l'allargamento della quattordicesima ai redditi personali fino a 1.000 euro e l'equiparazione della «no tax area» dei pensionati e quella dei lavoratori attivi. Passata, sempre in termini generali e senza cifre, la disponibilità a mettere nella legge di Bilancio le ricongiunzioni non onerose. Subito dopo la sessione di bilancio, il governo avvierà una fase due per valutare la rivalutazione delle pensioni e anche la separazione tra previdenza e assistenza. Vecchi cavalli di battaglia di alcune sigle, in primo luogo la Uil. La posizione della Cgil è più prudente.

Il segretario generale dello Spi-Cgil Ivan Pedretti parla di «ipotesi condivise» con il governo, ma restano diversi nodi, dai lavoratori usuranti e, soprattutto, alla definizione delle risorse a disposizione.

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