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M5s chiede conto alla Lega: "Finanziamenti trasparenti"

Attacco congiunto grillino per l'inchiesta sul Carroccio Salvini: «Non minimizzo ma mi cadono le braccia»

M5s chiede conto alla Lega: "Finanziamenti trasparenti"

L'indagine in corso a Bergamo sui presunti finanziamenti illeciti alla Lega riaccende la tensione tra i partner di governo. E questa volta la scontro è reale, visibile, difficilmente minimizzabile e somiglia a una vera entrata a gamba tesa.

La modalità scelta dai grillini per attaccare il Carroccio e il suo leader è addirittura un comunicato congiunto redatto dai due capigruppo. Una forma ufficiale e che coinvolge i Cinquestelle nel complesso e non un singolo ministro e riporta allo scoperto l'identità profonda di un movimento nato su parole d'ordine come onestà e legalità, unite a una cieca fiducia nell'operato della magistratura inquirente, ancor prima che giudicante. «Siamo certi che la Lega fornirà ulteriori chiarimenti sul caso Centemero. E ci auguriamo che Salvini non minimizzi la vicenda. Una cosa è doverosa dirla: da sempre ci battiamo contro i finanziamenti illeciti ai partiti, perché in un Paese civile non devono esserci interessi esterni a influenzare l'attività delle forze politiche presenti in Parlamento» scrivono Francesco D'Uva e Stefano Patuanelli, capigruppo M5S di Camera e Senato, parlando dell'inchiesta sul tesoriere della Lega, Giulio Centemero, per finanziamento illecito.

La replica di Matteo Salvini è contenuta, ma raccontano che il vicepremier leghista fosse decisamente infuriato quando all'Hotel King David ha letto i comunicati stampa contenenti le dichiarazioni pentastellate. Uno sgarbo ancora più fastidioso perché arrivato mentre il ministro degli Interni si trovava in una delicata missione all'estero, in Israele, preparata da tempo. «Non commento le azioni della magistratura, io non minimizzo, chi sono io per minimizzare?. Spero facciano bene e in fretta, sono sereno - dice riferendosi agli inquirenti -. Aggiungo che siamo l'unico partito che ha avuto i conti bloccati, l'altro precedente è in Turchia. Non evado dalla risposta, sicuramente quando tocchi con mano uno degli ultimi confini armati quando torni alla cose italiane a volte ti cadono le braccia».

Dopo qualche ora è Luigi Di Maio a mettere il dito nella piaga e punzecchiare a sua volta l'alleato. «Nei prossimi giorni chiederò chiarimenti a Salvini» dice a margine del tavolo auto. «Salvini dice che non minimizza? Mi fa piacere che lui non minimizzi perché noi non minimizziamo, ci sarà modo di chiarire la vicenda». L'affondo dei Cinquestelle non lascia indifferente il corpo parlamentare della Lega. «Continuano a mandare il segnale che loro sono i puliti e noi i corrotti. Basta. Se siamo maggioranza occorre andare avanti insieme», è il ragionamento. L'indicazione dei vertici del Carroccio è comunque netta: «Non replicate». Riccardo Molinari, capogruppo a Montecitorio, si trincera così dietro un «No comment». E un sms che rimbalza sui telefonini dei parlamentari informa che su questa storia è meglio tenere le bocche cucite. «La loro storia li tiene schiavi di un sentimento giacobino che finisce per creare terrore», dice un deputato in un capannello di fedelissimi di Salvini.

Sulla questione che in questa fase appare come il vero tallone d'Achille della Lega, affila le armi dialettiche anche Matteo Renzi. «Salvini fa una straordinaria campagna elettorale permanente, spendendo un sacco di soldi. Mi piacerebbe sapere se per caso una parte di quei 49 milioni di finanziamento pubblico contestati alla Lega siano finiti da quelle parti» dice intervenendo a Porta a Porta.

«Perché una cosa è certa: quella macchina da guerra sui social non te la fanno venti ragazzi».

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