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Il M5s ferma l'Alta velocità La rivolta degli imprenditori

Oggi a Torino i consiglieri grillini votano il no alla Tav Industriali e commercianti: vogliamo vederli in faccia

Il M5s ferma l'Alta velocità La rivolta degli imprenditori

«Vogliamo vedere in faccia chi vuole che Torino finisca su un binario morto». Mentre in Puglia gli attivisti bruciano le bandiere grilline, al Nord industriali, artigiani e commercianti lanciano la sfida frontale al M5s. È una protesta senza precedenti, quella annunciata per stamattina nella Sala Rossa del Consiglio comunale del capoluogo piemontese dalle associazioni di categoria. Vogliono «vedere in faccia» chi voterà a favore dell'ordine del giorno che vuole bloccare l'Alta velocità Torino-Lione che è stato portato in aula dalla maggioranza pentastellata di Chiara Appendino. Non vedranno la sindaca, però, volata in missione istituzionale a Dubai, non prima di aver ribadito il no all'infrastruttura: «Sono sempre stata contraria».

Ma l'atto politico arrivato in Consiglio ricalca i tanti manifesti dei movimenti no Tav da sempre vicini alla sindaca e ai suoi. Ed è una presa di posizione sull'opera che prescinde da quell'analisi dei costi-benefici che era stata assicurata dal ministro delle Infrastrutture, Danilo Toninelli, prima di decidere. Anche perché chi quei costi e benefici li avrebbe in mano è rimasto inascoltato e ha minacciato di rivolgersi alla Procura: «Il mio incarico prevede che io riferisca direttamente al presidente del Consiglio e al ministro delle Infrastrutture. Da sei mesi non ricevo nessuna risposta e nessun riscontro, si sta operando per non mettermi in condizione di operare», ha detto il commissario di governo per la Tav, Paolo Foietta. Il risultato della sua analisi pronta da mesi, è che «rinunciare all'Alta velocità costerebbe «molto di più di quello che si pensa. Non ho mai parlato di penali ma parlo di soldi da restituire. Spenderemmo più di 4 miliardi invece che 2,9».

Intanto la mossa di Appendino sancisce il divorzio tra il mondo degli imprenditori, da cui pur l'ex bocconiana proviene, e la maggioranza pentastellata che amministra Torino da due anni e mezzo. «L'approvazione dell'ordine del giorno - spiegano in una nota congiunta i nove presidenti delle associazioni d'impresa torinesi - sarebbe un atto gravissimo dal punto di vista politico e istituzionale; significherebbe dire no ad un territorio aperto all'Europa, più competitivo e più efficiente. Non è possibile tarpare così le possibilità di crescita del nostro sistema economico. Gli imprenditori veri, che creano Pil e occupazione, vogliono certezza sulle infrastrutture e sui tempi della loro realizzazione. Le imprese non possono più sopportare una politica che va contro lo sviluppo e la crescita». Per le categorie economiche la colpa è di «un gruppo minoritario, abbagliato dal mito della decrescita e da una propensione accentuata per il no, di relegare Torino all'isolamento», denunciano per bocca del presidente di Confartigianato Torino Dino De Santis. E ancora: «La Torino-Lione non è un capriccio di pochi, ma un investimento per il futuro di tutti». La mobilitazione ha incassato subito il sostegno dei dem, a cui fa da megafono il governatore del Piemonte Sergio Chiamparino: «Che Torino dica no alla Tav è una bestemmia». Grido d'allarme rilanciato dal vicino sindaco di Milano Giuseppe Sala: «Possibile che non diciamo che senza la Tav Torino-Lione, poi vanno a Francoforte e da lì a Budapest? Bisogna dirle queste cose.

E non è un problema di penali, ma di coerenza con la pretesa di essere la seconda economia europea».

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