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Il M5s gioca all'opposizione. E stanga Conte sul salva-Stati

I pentastellati chiedono al premier di riferire sul Mes Ancora battaglia sugli emendamenti al ddl di Bilancio

Il M5s gioca all'opposizione. E stanga Conte sul salva-Stati

La manovra è il terreno per la resa dei conti nel governo Conte. La valanga di emendamenti, 1500 portano la firma dei partiti di maggioranza, che accompagna la legge di Bilancio 2020 piazza una mina sotto i piedi dell'esecutivo giallorosso. Ma la bomba che rischia di mandare in frantumi la maggioranza è la riforma del Mes, il meccanismo europeo di stabilità. Riforma che rischia di mettere in fuga dall'Italia gli investitori. Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, durante il suo primo mandato, ha sottoscritto un'intesa nel Consiglio europeo del 21 giugno 2019 per una modifica del fondo salva-Stati. Accordo che dovrebbe essere ratificato definitivamente a dicembre. Ma da ieri non c'è solo l'opposizione a chiedere al capo del governo di andare in Aula per chiarire ma anche il M5S, primo partito della maggioranza: «La discussione sul Mes deve essere trasparente, il Parlamento non può essere tenuto all'oscuro dei progressi nella trattativa e non è accettabile alcuna riforma peggiorativa del Mes, ad esempio prevedendo che l'aiuto sia condizionato al ricatto di riforme strutturali che di fatto porterebbero ad un commissariamento degli Stati in difficoltà. Oggi è chiaro, invece, che la riforma del Mes sta andando proprio nella direzione che il Parlamento voleva scongiurare», spiegano in una nota i deputati M5S della commissione Finanze.

Conte, fanno sapere fonti di Palazzo Chigi, è pronto a esercitare il diritto di veto nel Consiglio europeo di dicembre se non sarà una riforma in una logica di pacchetto.

Mentre dal Mef chiariscono che «il ministro Gualtieri ha inviato lo scorso 7 novembre al Presidente della Commissione Finanze Alberto Bagnai la richiesta di essere audito in merito alla riforma del Mes. L'audizione è stata calendarizzata per il 27 novembre».

Tensione che si incrocia in queste ore con la partita all'interno della maggioranza sulla manovra. Pd, Cinque stelle, Italia Viva e Leu lanciano l'assalto alla diligenza. Conte e Gualtieri ostentano fiducia. Ma sanno che dovranno fare i conti con un Vietnam parlamentare. E soprattutto sono chiamati a scongiurare il rischio che alcuni provvedimenti, contenuti nel testo della manovra, siano affossati.

La prima battaglia si gioca sulla plastic tax. I Cinque stelle non vogliono rinunciare al balzello che colpirà le aziende che producono prodotti in plastica. Italia Viva, il partito di Matteo Renzi, punta all'abolizione in toto della misura. Il Pd, altro socio di maggioranza, ne chiede il rinvio. Conte e Gualtieri ipotizzano una rimodulazione della tassa. I Cinque stelle, in cambio della rimodulazione della plastic tax, vogliono il via libera all'emendamento che eleva a 3 anni il periodo di congedo parentale. Sembra una partita tra ricatti e veti. Altro tema di scontro è il carcere per gli evasori. I contendenti non cambiano. Conte e i Cinque stelle chiedono il pugno duro. Luigi Marattin, vicepresidente dei deputati di Italia Viva, suggerisce agli alleati di abbandonare la caccia alle streghe. E dal gruppo renziano, stavolta appoggiato dal Pd, arriva anche l'invito a cancellare la tassa sulle auto aziendali. Sollecitazione, quest'ultima, che sembra aver trovato terreno fertile nella disponibilità del presidente del Consiglio.

Lite a tutto campo anche sull'idea dei Cinque stelle di far pagare alla Chiesa cattolica l'Imu.

Proposta ritenuta irricevibile da Pd e Italia Viva.

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