Cronache

Macché Raoul Bova. Non cercate gossip in una lettera finta

Annamaria Bernardini de Pace non si riferiva al famoso attore. La malafede dei commentatori è andata oltre i confini della realtà

Annamaria Bernardini de Pace è un noto avvocato matrimonialista, e non solo, e ciò non le impedisce di scrivere articoli pregevoli. Io sono un giornalista e ciò non mi impedisce, stavolta, di fare l'avvocato. Il suo. L'avvocato dell'avvocata. Hanno accusato la mia cliente (che assisto gratuitamente, un grande sacrificio per uno come me che non ha mai scritto neppure una cartolina senza ricevere un compenso adeguato alla sua presunzione) di interessi privati in atti di ufficio. La signora avrebbe vergato pezzi pubblicati sul Giornale per vendetta personale e non, come invece è, per rendere partecipi i lettori della sua esperienza professionale in materia di corna e affini.

Ella in particolare, lunedì 11 agosto, ha dato alle stampe una lettera indirizzata a un ipotetico genero, contenente una serie di considerazioni malevoli su di lui, e questo ha irrobustito il sospetto che quel genero fosse tutt'altro che ipotetico, ma autentico, ossia Raoul Bova, già marito della figlia dell'autrice, la medesima Bernardini de Pace. Non è così. Annamaria non si riferiva al famoso attore. Come suo difensore posso dimostrarlo. Nella missiva parlava di una propria erede, madre di una ragazza, mentre è risaputo che la consorte di Bova ha avuto due maschi. La malafede dei commentatori è andata oltre i confini della realtà, trascurando dati oggettivi. E questo, che ho citato, è tale.

Lo scambio di persona è stato alimentato dalla bassezza di chi a ogni costo ha voluto attribuire ad Annamaria un'intenzione che non ha mai avuto né poteva avere, come risulta dalle carte «processuali». Qui giova una precisazione, a scanso di altri equivoci. Bernardini de Pace dispone di una casistica infinita riguardante matrimoni e unioni andate a pallino. Ovvio. Il mestiere della signora è questo: tutelare i cornuti e le cornute che - questo lo dico io - numericamente si equivalgono, poiché dove c'è un traditore c'è una traditrice e sfido chiunque a sostenere il contrario. Cosicché l'avvocatessa, nostra apprezzata collaboratrice, si è offerta di stendere 14 capitoli - sotto forma di altrettante epistole - in cui la problematica relativa ai divorzi e alle separazioni venisse affrontata in tutte le sfaccettature.

L'argomento non poteva non essere definito appassionante in questa epoca di smarrimenti, inclusi quelli coniugali, e la direzione del Giornale ha accolto con favore la proposta, consapevole che i lettori ne avrebbero gradito la realizzazione. L'illustre legale, attingendo al proprio fenomenale archivio, ha imbastito oltre una dozzina di storie emblematiche, alcune delle quali hanno già visto la luce; altre usciranno nei prossimi giorni. Tra quelle pubblicate ce n'era una che per affinità di temi si prestava a occhi superficiali a essere interpretata come la vicenda di Raoul Bova con la moglie, cioè la figlia dell'avvocata.

Errore grave. Per parlare d'infedeltà non c'è bisogno di guardare in casa propria, basta osservare il panorama. E questo ha fatto Annamaria. Ogni scrittore, da quelli part time a quelli a tempo pieno, quando si mette al computer o alla Olivetti, non prescinde da se stesso e dal proprio vissuto. Ciò che mette nero su bianco viene filtrato dalla coscienza di chi batte sui tasti. Ma attenzione. Usare la testa mentre si scrive non significa abbandonarsi al genere autobiografico. Dante Alighieri, che pure non era un bischero, quando ha composto la Divina Commedia ha fatto ricorso alla fantasia. Non venitemi a dire che egli sia davvero sceso all'inferno per raccontarcelo. O sia salito in purgatorio e in paradiso in compagnia di Virgilio e di Beatrice per narrarci in modo credibile gli accadimenti di quei luoghi, che dubito esistano. Va bene che Gustave Flaubert disse: «Madame Bovary sono io!». Nel senso che nel suo romanzo egli non trascurò di trasfondere le proprie emozioni e sensazioni, ma, non avendo le tette, il romanziere non poteva che essere maschio e sarebbe ora una forzatura attribuirgli tendenze bisessuali.

Bernardini de Pace è stata ragazza, moglie, madre e suocera, ma è anche avvocato, pertanto sa perfettamente che i matrimoni si sfasciano e sa pure quali siano i motivi per cui non si ricuciono. I protagonisti non sono esclusivamente gli sposi. Recitano una parte importante anche i parenti, tra cui le suocere. Ma Annamaria non è l'unica suocera d'Italia. Chi non ne ha una che gli ha rotto le scatole? Chiedo al tribunale di assolvere Bernardini de Pace perché il fatto non sussiste. Lei è innocente. Non ci sono prove per ritenerla colpevole.

Le sia restituita appieno la sua reputazione candida quale giglio (Annamaria, almeno una cena me la merito?).

 

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