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Macron dalla finanza all'Eliseo. L'"alieno" si sente già vincitore

Ha inventato un partito "né di destra, né di sinistra", ma filo europeo. E ora esulta: "Voltiamo una pagina storica"

Macron dalla finanza all'Eliseo. L'"alieno" si sente già vincitore

Da inventore dal nulla di un partito «né di destra né di sinistra» a favorito per l'Eliseo nel ballottaggio del prossimo 7 maggio. Il tutto a 39 anni. La leggenda dell'enfant prodige Emmanuel Macron non soltanto continua, ma promette di essere solo agli inizi.

Se, come tutti i sondaggi pronosticano, batterà facilmente Marine Le Pen tra due settimane, l'ex ministro dell'Economia di François Hollande messosi in proprio conquisterà la presidenza spezzando per la prima volta in diversi decenni lo storico duopolio gollisti-socialisti. Duopolio che è stato affondato in parte dall'evoluzione della società francese, e in parte dalle deludenti prove fornite dagli ultimi due presidenti Sarkozy e Hollande (senza dimenticare la figuraccia rimediata da François Fillon con i fake jobs elargiti a moglie e figli a carico dei contribuenti).

Mentre i due partiti «eterni vincitori» sono ridotti a leccarsi le ferite e a vivere sanguinose rese dei conti intestine, Macron si prepara a governare la Francia. Per farlo degnamente dovrà però superare un altro ostacolo, non meno arduo delle presidenziali: quello delle elezioni legislative, fissate in due turni l'11 e il 18 giugno prossimi. In quella occasione si vedrà se il suo nuovo partito «En Marche!» (le cui iniziali E. M. sono le stesse del suo nome e cognome) riuscirà nell'impresa di raggiungere una storica maggioranza in Parlamento; in caso contrario, il più giovane presidente della République si ritroverà a ricalcare le orme di predecessori come François Mitterrand e Jacques Chirac, condannati alla coabitazione con un'Assemblea Nazionale, e quindi con un governo, di colore diverso dal loro.

Certamente gli sconfitti socialisti e del centrodestra cercheranno nelle urne delle legislative una rivincita. Ma questi sono problemi di domani. Oggi per Emmanuel Macron è il momento magico, quello in cui può assaporare l'ormai imminente vittoria finale. Sa che il 7 maggio, a meno che non commetta errori macroscopici, convergeranno su di lui i voti della gran maggioranza dei francesi - di destra e di sinistra - che voterebbero per chiunque pur di non veder entrare all'Eliseo Marine Le Pen. Sa, al tempo stesso, di non potere e non dovere porsi soltanto come il candidato «contro qualcuno», ma che è giunto il momento di assolvere il compito che si è autoassegnato, quello di rappresentare una Francia nuova, finalmente slegata dalla contrapposizione ideologica tra destra e sinistra.

Le sue prime parole ieri sera, dopo aver conosciuto i dati iniziali, sono state «stiamo voltando una pagina storica». Avrà dalla sua, oltre alla stanchezza di tanti francesi per le logiche della vecchia politica, le peculiari caratteristiche del suo carisma personale: la brillantezza intellettuale che l'ha condotto già trentenne a primeggiare nel mondo della finanza, l'energia della giovinezza, la spregiudicatezza che ha dimostrato abbandonando l'anno scorso Hollande per cominciare a battere una strada politica tutta sua.

Contro di lui potrebbe giocare invece l'istintiva antipatia di una certa «Francia profonda» verso il giovane che arriva dalle scuole di élite, europeista e a proprio agio nel mondo delle grandi banche, poco disposto a riconoscere che l'immigrazione, soprattutto islamica, rappresenti per il popolo un problema reale, e che il legame tra questa e il terrorismo che insanguina la Francia sia un prioritario dato di fatto.

La sua avversaria sovranista lotterà fino all'ultimo minuto, ma Macron ha poco da temere da lei. Saranno i suoi stessi avversari di oggi ad aiutarlo a liberarsene.

Il rivale che gli faceva paura era François Fillon, ma quello si è battuto da solo, con l'aiutino di Le Canard Enchainé.

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