Mondo

Macron insegue la Le Pen. E ha pure l'autista indagato

I sondaggi bocciano il presidente. Il suo chauffeur fermato per eccesso di velocità è fuggito davanti all'alt

Macron insegue la Le Pen. E ha pure l'autista indagato

La sfida Macron-Le Pen riporta indietro le lancette al maggio 2017, quando si fronteggiarono al secondo turno delle presidenziali e l'ex banchiere Rothschild si aggiudicò l'Eliseo. Il Rassemblement national ha nel frattempo vinto i fantasmi del passato con l'uscita di scena del fondatore Jean-Marie. Si affida ai giovani ed è in vantaggio di un punto col 22,5% secondo l'Ifop; Opinion Way gli attribuisce addirittura un 24%. Entrambi gli istituti bloccano invece la lista presidenziale Renaissance al 21,5% e sono i fantasmi di Macron a riapparire con insistenza alla vigilia delle europee.

In due anni di presidenza, Macron ha collezionato svariate ombre attorno ai più stretti collaboratori. L'ultima, riguarda l'ex autista. Sorpreso a superare i limiti di velocità, è fuggito di fronte alla polizia senza fermarsi all'alt. A Sèvres, ovest di Parigi, il 27 febbraio era alla guida di una macchina del parco presidenziale. Fuori servizio, ha pensato bene che fosse suo diritto tirare dritto. Cercando il proprietario dell'auto, la polizia è arrivata all'Eliseo. «L'agente non svolge più le funzioni di conducente», spiegano da palazzo, ma Stéphane P. rimane all'interno del gruppo della presidenza della Repubblica (il Gspr) «assegnato a missioni di sicurezza».

Inizialmente s'era parlato di una sospensione di due settimane, la stessa che fu inflitta all'ex bodyguard Benalla dopo il pestaggio di alcuni manifestanti, che scatenò l'indignazione collettiva. Questa assomiglia addirittura a una promozione. Non sospeso, ma spostato. Il gendarme-autista è in attesa di processo dalla Corte penale di Nanterre (quella dei crimini stradali) e per il suo «rifiuto» alla polizia rischia tre mesi di reclusione e una multa di 3.750 euro. L'Eliseo, come per Benalla, traballa e sembra volerlo proteggere. «Non appena siamo stati informati e verificati i fatti, l'agente è stato spostato in via precauzionale». Finché non hanno ammesso che l'uomo è molto lontano dall'essere rimosso e anzi è finito al vertice della sicurezza presidenziale.

Accanto a lui, un altro tassello dell'affaire Benalla, il generale Lionel Lavergne, cioè il capo del Gspr, citato ad aprile dalla procura per «falsa testimonianza» sul caso dell'ex bodyguard. È sospettato di «incongruenze» e «contraddizioni» davanti alla commissione d'inchiesta del Senato e tuttora è sotto la lente d'ingrandimento. Lascerà la poltrona il 18 maggio. «Promosso» vicedirettore delle operazioni della gendarmeria nazionale. O, meglio, ricollocato per allontanare le ombre che pendono su di lui.

Lo scorso marzo, il Senato ha infatti consegnato alla giustizia i casi di tre collaboratori di Emmanuel Macron, incluso il generale Lavergne, ascoltati sul caso Benalla. Due le indagini preliminari aperte. In carica da aprile 2017, il generale verrà sostituito dal colonnello Benedict Ferrand. Sarà pure «normale corso della carriera», come dice l'Eliseo. È però già il terzo uomo coinvolto direttamente nell'affaire Benalla allontanato dal suo incarico: prima il responsabile della comunicazione, poi il prefetto di polizia di Parigi, ora il generale a capo della sicurezza del presidente.

La popolarità di Macron aveva da poco riguadagnato qualcosa, salendo al 26%. Gli ultimi casi potrebbero orientare il voto compromettendo gli sforzi di rimonta: 33 liste in corsa per le europee, 2.607 i candidati e solo il partito del presidente e la formazione lepenista col vento in poppa. L'Alleanza per i democratici e liberali per l'Europa (Alde) è pronta comunque ad accogliere gli eletti del presidente Macron fondando con lui un nuovo gruppo per un'alleanza europeista a Strasburgo insieme con socialisti e popolari.

E i gilet gialli? Alla fine tre liste espressione del movimento hanno superato la crisi delle presenze del sabato. L'enorme flessione nei numeri delle proteste - giunte al 25esimo weekend - ha cucinato leader o presunti tali, lasciando sul campo quel Chalençon corteggiato da Luigi Di Maio che invocava la guerra civile e 1.

400 firme del mondo artistico e culturale di sinistra: i delusi da Macron, guidati da Juliette Binoche, hanno intrapreso una campagna elettorale pro gilets jaunes.

Commenti