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Da Madrid a Parigi, l'ombra della jihad sul voto

Nel 2005 l'attentato di Atocha. Ora gli islamisti riprovano a condizionare un'elezione

Da Madrid a Parigi, l'ombra della jihad sul voto

Il déjà vu è inevitabile. Da una parte Atocha e il voto spagnolo del marzo 2004, dall'altra gli Champs Elysées e le presidenziali francesi di domenica. Allora come oggi mancavano solo tre giorni al voto anche se allora il bilancio fu assai più nefasto. Quella mattina le bombe disseminate sui treni in partenza da Atocha e da altre tre stazioni di Madrid fecero 192 morti. E l'onda d'urto non si fermo lì. Settantadue ore dopo il dolore per la strage e la rabbia per le menzogne del governo sconvolsero tutti i pronostici elettorali ribaltando i destini della politica e del paese. Mossi dal rancore verso un premier accusato d'aver sviato le indagini attribuendo la strage ai separatisti baschi dell'Eta anziché ai terroristi islamisti gli elettori rinnegarono il favorito José Maria Aznar, regalando la vittoria al socialista Josè Zapatero.

Tredici anni dopo molti si chiedono se l'attentato degli Champs Élysées innescherà lo stesso effetto moltiplicando i voti di una Marine Le Pen nemica giurata del terrore islamista e ridimensionerà quelli del centrista Emmanuel Macron, di Francois Fillon, candidato del centrodestra e di Jean-Luc Mélenchon, portabandiera della sinistra radicale. Il paragone non tiene conto di due diversità cruciali. Tredici anni fa il vero catalizzatore della svolta non fu l'emozione per l'attentato, ma lo sdegno per il tentativo di Aznar di depistare le indagini e allontanare il sospetto che il massacro fosse conseguenza del contestatissimo intervento militare in Iraq. La seconda cruciale discrepanza deriva dal sistema elettorale. A Madrid i contendenti si giocavano tutto nelle 72 ore successive al massacro. A Parigi il voto decisivo non è quello di domani, ma il ballottaggio del 7 maggio.

Da qui ad allora le emozioni si saranno già stemperate lasciando il posto alla tradizionale tendenza di un elettorato francese abituato a ricompattarsi intorno alla destra o alla sinistra tradizionale pur di bloccare un candidato anti-sistema come la Le Pen. In quest'ottica il fattore ballottaggio può rivelarsi un serio handicap per la candidata del Front National. Chi a destra punta su un candidato capace di contrapporsi con decisione al jihadismo terrorista potrebbe turarsi il naso e votare già domani per un Fillon capace - nonostante gli scandali sull'illecita assunzione della moglie - di convogliare su di se tutto il voto di destra. Ma l'emozione per l'attento potrebbe spingere anche molti centristi a privilegiare un politico di lungo corso come Fillon anziché il giovane e camaleontico Macron arrivato in testa ai sondaggi grazie alla capacità di proporsi come uomo di compromesso tra destra e sinistra istituzionale. Tutto insomma dipende dalla pancia e dalla testa degli elettori di destra. Se voteranno con la prima assisteremo ad un trionfo di Marine Le Pen seguito da un'inevitabile caduta al ballottaggio.

Se, però, la destra si tura il naso lo spregiudicato Fillon può vincere non solo il primo turno, ma anche la finale.

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