Politica

La maggioranza di Matteo più camaleontica che variabile

P iù che variabile è camaleontica. O almeno così appare la maggioranza che, di volta in volta, si schiera al fianco di Matteo Renzi. Che siano il Jobs Act o le riforme istituzionali, che si votino i giudici della Consulta, le unioni civili o la mozione di sfiducia al governo per il crac delle banche, in questi quasi due anni a Palazzo Chigi il premier ha sempre avuto la capacità di aggregare maggioranze diverse a seconda della bisogna.Così, non stupisce più di tanto che Denis Verdini e i suoi 17 senatori del gruppo Ala abbiano intenzione oggi di votare contro la mozione di sfiducia. Perché l'ex braccio destro di Silvio Berlusconi l'ha detto esplicitamente giorni fa che la sua mission è quella di tenere in piedi il governo. E dal via libera al ddl Boschi della scorsa settimana al voto di oggi - passando per alcune assenze strategiche al Senato - il passo è davvero breve. Con buona pace di Roberto Speranza e di tutta la minoranza del Pd che ieri sembravano più a disagio del solito, al punto da invocare un «chiarimento politico vero» e bollare come «gioco delle tre carte» la scelta di Verdini di sostenere l'esecutivo.In verità, di nuovo all'orizzonte pare esserci poco. Se non la conferma dell'enorme abilità politica di Renzi che riesce a gestire la maggioranza di governo come una sorta di grande porta girevole. Si vota il Jobs Act? Fuori la minoranza dem e dentro i centristi. Tocca a Italicum e riforme? Esce di nuovo la fronda del Pd ed entra Verdini. Seguito dai Cinque stelle quando il Parlamento in seduta comune vota i giudici della Corte costituzionale. Diverso, ma solo in parte, il voto sulle unioni civili, perché si tratta di un provvedimento che divide trasversalmente non solo gli schieramenti ma anche i partiti stessi. Eppure quanto sia politicamente mutevole e variabile la maggioranza di governo lo si coglie perfettamente dalla posizione di Ncd. Che vorrebbe dire no ma non può, perché alzare le barricate sarebbe incompatibile con le poltrone del ministero dell'Interno e della Salute su cui siedono Angelino Alfano e Beatrice Lorenzin (e pure con quella degli Affari regionali cui aspirano i centristi). Così, non potendosi permettere la guerriglia parlamentare Alfano guarda avanti e annuncia un referendum abrogativo nel caso passasse il ddl Cirinnà.

Come guardano avanti i tre senatori di Fare dell'ex leghista Flavio Tosi che, come Verdini, oggi si schiereranno contro la sfiducia e, dunque, con Renzi.

Commenti