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Di Maio rincorre la Lega e corteggia le partite Iva

L'ultimo annuncio: sarà abolito l'odiato split payment Ma le coperture sono un problema, scontro con Tria

Di Maio rincorre la Lega e corteggia le partite Iva

Roma - I ballottaggi hanno cosparso qualche goccia di unguento sulle ferite del Movimento, uscito contuso dal primo turno delle comunali. Ma i vertici sanno che non basta: bisogna invertire il trend che è chiaramente calante a fronte dell'aggressività della Lega.

La parola d'ordine è fare economia, nel senso di mettere all'ordine del giorno dell'azione di governo provvedimenti su fisco, pensioni, lavoro, cioè il terreno finora oscurato dalla crociata salviniana sull'immigrazione. Il terreno che compete ai ministeri guidati da Luigi Di Maio. La partenza del neo ministro, l'affondo sui lavoretti di consegne porta a porta della cosiddetta «gig economy», aveva un forte valore simbolico. Ma è pur vero che si tratta di un fenomeno numericamente marginale: i rider delle consegne sono appena 10mila e il 70 per cento in realtà è soddisfatto del lavoro così com'è. Il prolungarsi delle trattative con le multinazionali delle consegne è diventato un ottima occasione per rinviare il provvedimento che non entrerà nel Decreto dignità, l'asso che Di Maio vuole calare al più presto. E per contrastare la visibilità mediatica del socio leghista il Movimento da qualche giorno si è lanciato in un abbraccio serrato con le partite Iva, tradizionale terreno di caccia elettorale dei lumbard. Ieri l'ultimo annuncio, arrivato direttamente attraverso il leader di una delle associazioni di categoria, Confprofessioni: «Siamo pronti ad abolire lo split payment, partendo dai liberi professionisti. Stiamo lavorando per inserire il provvedimento nel primo decreto legge sulle semplificazioni», ha detto il ministro al leader dell'associazione Gaetano Stella, che ovviamente ha accolto l'annuncio con sincero gaudio. L'inversione contabile dell'Iva non è una tassa, ma drena la liquidità: imprese e professionisti hanno stimato 18 miliardi di euro di cassa in meno. La misura fa il paio con altri annunci, tutti diretti allo stesso indirizzo: addio allo spesometro e al redditometro, rinvio della E-fatturazione per i carburanti (che ha convinto i benzinai ad annullare lo sciopero). Ma se i primi due sono in realtà misure praticamente a costo zero, visto che sono strumenti fiscali già avviati verso l'archivio, per lo split payment e le E-fatture il discorso è diverso. L'addio alla prima misura, introdotta dai governi Pd, potrebbe costare 3,5 miliardi di euro, pur se limitato alle piccole partite Iva. Per la seconda, che prevede un rinvio al 2019 della fatturazione elettronica, servono 70 milioni. Alla lista va aggiunto anche un potenziale calo delle entrate derivante dallo stop alla pubblicità su giochi e scommesse, valutato in 200 milioni l'anno. Un conto decisamente salato quello che Di Maio dovrà discutere con il ministro per l'Economia Giovanni Tria. E il professore ha già messo le cose in chiaro: bisogna lavorare «con politiche in continuità con quelle del passato» e «non mettere a repentaglio il percorso di riduzione del debito».

Il decreto dignità, che dovrebbe includere anche misure contro la lotta al precariato (sotto forma di criteri più rigidi sulla percentuale di personale a tempo determinato e numero massimo di rinnovi contrattuali), rischia dunque di diventare il primo terreno di scontro tra M5s e il «guardiano dei conti». Di Maio non può permettersi di mollare. Le anime più inquiere del Movimento hanno già i fucili puntati. E tra oggi e domani a Roma arriveranno Davide Casaleggio e Beppe Grillo.

Segno che è una partita che conta.

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