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Di Maio studia da premier: "Subito pronti alla campagna elettorale"

Il vicepresidente della Camera M5S scalda i motori per l'assedio a Palazzo Chigi: "La legge elettorale non è un inciucio, noi pronti a fare primarie e parlamentarie"

Di Maio studia da premier: "Subito pronti alla campagna elettorale"

Luigi di Maio scalda i motori. Il vicepresidente della Camera del M5S si prepara a correre per Palazzo Chigi in vista delle prossime elezioni, che in molti danno ormai in programma per il prossimo autunno. Lo fa in una lunga intervista a Repubblica in cui chiarisce priorità e strategie dei pentastellati impegnati nella conquista del governo del Paese.

Dopo aver rimesso la propria candidatura - ca va sans dire - all'onnipotente volere degli iscritti espresso via web, tiene subito a chiarire che un eventuale accordo sulla legge elettorale, imprescindibile per andare alle urne prima della scadenza naturale della legislatura, "non sarà un inciucio".

"Ci siamo confrontati nelle sedi istituzionali e alla luce del sole, senza inciuci sottobanco - chiarisce - su un modello su cui abbiamo chiamato a esprimersi i nostri iscritti. Solo dopo il loro ok, abbiamo portato la proposta al Pd". Non si sbottona sulla composizione delle liste, anch'essa demandata alla volontà della rete attraverso le "parlamentarie". Ad ogni modo, chiarisce, la piattaforma grillina è pronta a fare tutto entro l'estate e ad andare al voto appena rientrati dalle vacanze.

Massimo riserbo anche sulla squadra di governo, la cui composizione è affidata, da Costituzione, al presidente del Consiglio. L'unica indiscrezione è quella sul nome del magistrato Nino Di Matteo, possibile ministro della Giustizia, la cui disponibilità è salutata come "una buona notizia".

Quindi di Maio passa ad elencare i primi punti di un'eventuale agenda di governo: prima il reddito di cittadinanza, poi lotta alla corruzione e programma di conversione energetica alle rinnovabili. Inevitabile la scure su Equitalia, studi di settore e Irap.

Infine una chiosa sul caso-Raggi, che di recente ha dichiarato che non si dimetterebbe nemmeno in caso di rinvio a giudizio: il vicepresidente della Camera introduce qui una distinzione fra "avvisi di garanzia come atti dovuti" e "politici accusati di fatti gravi". Le accuse di falso e abuso d'ufficio, a suo parere, appartengono alla prima categoria.

Avanti tutta, dunque, verso i palazzi del potere.

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