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Di Maio vuole imporre il "socialismo irreale"

Dall'Alitalia rinazionalizzata al decreto Dignità I 5 Stelle hanno un solo nemico: il capitalismo

Di Maio vuole imporre il  "socialismo irreale"

Alla fine di ottobre del 1989, cioè a una decina di giorni dalla caduta del Muro di Berlino, il Soviet supremo dell'Urss (l'organo di governo del colosso socialista) decise di aumentare le spese per l'assistenza all'infanzia e agli anziani proponendo tra le varie fonti di finanziamento la vendita all'asta del gigantesco parco auto della nomenklatura, le «auto nere». Il vicepremier italiano Luigi Di Maio qualche giorno fa ha promesso una serie di tagli «alle banche, ai voli di Stato, auto blu, le pensioni d'oro e tante spese inutili nella pa» proprio per garantire la sostenibilità di una manovra di bilancio spericolata a causa del reddito di cittadinanza imposto con la forza.

I punti di contatto tra la patria del socialismo reale e l'ideologia pentastellata sono molteplici. Anche se adottare politiche socialiste in un'economia di mercato attiene alla sfera dell'irrealtà, c'è qualcosa di lucidamente folle nei protagonisti pentastellati dell'attuale governo. «Per la definitiva soppressione delle classi, occorre la completa eliminazione degli elementi capitalistici», scrivevano le riviste staliniane degli anni '30 prima della soppressione (speso fisica) dei piccoli proprietari terrieri rimasti. L'Italia è uno stato democratico, ma l'anticapitalismo oggi governa. La manovra, infatti, baserà parzialmente le proprie coperture sulla penalizzazione del sistema bancario e delle industrie energetiche. L'iniziativa privata, inoltre, viene spesso scoraggiata. Un esempio fondamentale è l'idea di rinazionalizzare Alitalia attraverso l'ingresso delle Fs. L'investitore privato è guardato sempre con sospetto. Il passaggio dell'Ilva dal commissariamento ad ArcelorMittal è stato contrassegnato da molti stop and go. Autostrade per l'Italia è stata espropriata di due concessioni dopo il crollo del Ponte Morandi.

La punizione esemplare nei confronti del capitalista cattivo è stata il decreto Dignità. Non solo l'irrigidimento del mercato del lavoro con la restrizione della durata e della prorogabilità dei contratti a termine, ma anche l'aumento dei contributi al secondo rinnovo. A questo si aggiunge la stretta sulle pubblicità delle scommesse e delle videolotterie oltreché un aumento del prelievo erariale su questi giochi. I Cinque stelle mirano alla creazione di uno Stato etico come l'Urss e se il lavoro nel nostro Paese diventa un diritto e non un dovere, i sussidi diventano qualcosa da meritare. Il reddito di cittadinanza deve essere utilizzato per spese «morali» e impone la fornitura di ore di lavoro «sociali» al proprio Comune. Proprio come accadeva in Unione Sovietica dove tutti i cittadini erano «obbligati» a fornire un contributo aggiuntivo alla nazione sotto forma di volontariato.

Anche la prevista riforma della legge Fornero è un'occasione per ingrossare le fila dell'apparato statale. Su 400mila pensionati aggiuntivi che si prevedono l'anno prossimo il 40% dovrebbe essere rappresentato impiegati pubblici che il governo vorrebbe rimpiazzare quantomeno in rapporto 1 a 1. Per 160mila dipendenti in uscita ce ne saranno 160mila in entrata se non di più considerato che nella scuola si pensa di rimpolpare ulteriormente gli organici.

Anche se il paragone con l'Urss è paradossale, è innegabile la volontà di Di Maio e dei suoi sodali di «rimpiazzare» l'iniziativa privata ove possibile tramite l'intervento dello Stato. Prova ne è la presentazione del programma di investimenti pubblici alle aziende statali per ottenere da loro un'accelerazione dei rispettivi piani. Se non è l'Unione sovietica, questo è tuttavia un ritorno ai tempi dell'Iri quando lo Stato con le partecipazioni statali programmava gli investimenti e forniva posti di lavoro anche laddove erano diseconomici.

Un po' come faceva la Mosca comunista prima di collassare.

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