Cronache

Le mani di Renzi su Milano: vuole prendersi la Procura

Dopo l'addio di Bruti Liberati è partita la corsa alla poltrona più importante

Le mani di Renzi su Milano: vuole prendersi la Procura

Le mani del premier sulla Procura di Milano. A Palazzo di giustizia più di una toga si prepara a difendere l'autonomia di rito ambrosiano. In palio c'è la poltrona, pesantissima, di procuratore della Repubblica, la più importante d'Italia anche se negli ultimi mesi è Roma a dettare la linea giudiziaria con inchieste acuminate e soft. Il punto è che il parterre dei candidati alla successione di Edmondo Bruti Liberati, appena andato in pensione, annovera almeno due nomi che balzano all'occhio per la contiguità all'esecutivo. Anzitutto, Giovanni Melillo che al presidente del Consiglio è vicino quasi fisicamente perché oggi è capo di gabinetto del ministro della Giustizia Andrea Orlando. Intendiamoci: nessuno mette in discussione le sue qualità e il suo curriculum. Solo che oggi lavora gomito a gomito con il Guardasigilli, insomma è un tecnico prestato alle istituzioni e inserito nel team del governo. Si potrebbe obiettare che il numero uno della procura deve dimostrare doti di manager, deve saper organizzare l'ufficio, dev'essere in grado di guidare una squadra più che far valere il talento del solista, ma nei lunghi corridoi dechirichiani fanno notare l'esatto opposto: da sempre il Palazzo ha sviluppato anticorpi contro le toghe fuori ruolo, figuriamoci verso uno che arriverebbe direttamente da Roma e da via Arenula.Sulla carta Melillo ha ottime chance, più di Nicola Gratteri che è una bandiera della lotta alla 'ndrangheta e che a Renzi piacerebbe per almeno due ragioni: anche lui ha cordiali rapporti con Palazzo Chigi, se non altro perché è presidente della Commissione per l'elaborazione di proposte normative in tema di lotta alla mafia.

E poi Gratteri diventerebbe una firma sulla narrativa renziana, sulla retorica del nuovo corso aperto alle energie più impegnate nella lotta alla grande criminalità. Ma proprio questa sovraesposizione può giocare a suo sfavore al momento della scelta: Renzi spese il suo nome quando si trattò di scegliere il ministro della giustizia nel febbraio dell'anno scorso ma la nomina si inceppò per il veto del capo dello Stato.In ogni caso il partito di Palazzo Chigi dispone di due carte buone sul tavolo della trattativa che si sta aprendo nei saloni del Csm. E c'è chi ipotizza una manovra a tenaglia del premier, visto da una parte dei giudici italiani come il normalizzatore che ha ridisegnato l'organigramma del potere giudiziario, abbassando l'asticella della pensione a 70 anni.In lizza ci sono 10 magistrati. Oltre a Gratteri e Melillo, spiccano i nomi di tre volti storici della magistratura milanese: Alberto Nobili, una carriera in prima linea contro la grande criminalità, Francesco Greco, una stagione nel Pool e poi una vita a inseguire i crimini dei colletti bianchi, Ilda Boccassini che per la sua notorietà non ha nemmeno bisogno di presentazione. E qui si apre un'altra partita parallela: la Boccassini è una solista dal carattere ruvido, anche se nessuno può discutere il suo valore, e come tale difficilmente potrebbe coagulare i consensi necessari. Gli altri due concorrenti, raccontano a Palazzo, interpretano due visioni diverse della professione: Nobili è un magistrato che va a testa bassa sull'obiettivo, Greco, che pure ha collezionato molti successi nel contrasto alla criminalità economica, ha invece molte relazioni e conoscenze e dunque sa valutare al millimetro le ricadute sulla società delle inchieste in corso. Non a caso, semplificando come un fumettone una materia complessa e dalle molte sfumature, Greco apparteneva al cerchio magico di Bruti Liberati, che ha condotto col polso del politico consumato la barca della procura, soppesando i diversi equilibri. Dunque, se Melillo e Gratteri dovessero uscire di scena, potrebbe essere lui il referente ideale per il premier.

Il countdown è cominciato: presto attraverso le mailing list qualcuno cercherà di fare lo sgambetto a Melillo.

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