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La manovra è contro il lavoro. Si crea solo disoccupazione

Una raffica di tagli per le misure di inserimento: dai bonus per la formazione 4.0 all'apprendistato

La manovra è contro il lavoro. Si crea solo disoccupazione

Un governo che odia il mondo del lavoro, capace di varare un obbrobrio come il decreto Dignità e di realizzare un sussidio di nullafacenza come il reddito di cittadinanza, non poteva che proseguire su questo sentiero anche nella legge di Bilancio. Nella versione bollinata della manovra, infatti, si nota la scomparsa di alcune misure volte a migliorare la qualità della manodopera attraverso la formazione. Sono spariti il credito d'imposta per la formazione 4.0, i fondi per i competence center e quelli per l'apprendistato. Analogamente, è stata smontata l'alternanza scuola-lavoro che aggiungeva l'esperienza «sul campo» al bagaglio formativo della scuola secondaria di secondo grado.

Un particolare rilievo assume, tuttavia, l'eliminazione dei 250 milioni di euro per la formazione 4.0. «Nel ddl di Bilancio non c'è nulla su questa misura che garantiva un credito di imposta del 40% con un tetto di 300mila euro di spesa sulla formazione», sottolinea Paolo Duranti, esperto fiscalista dello Studio Mazzocchi & Associati di Milano, che ricorda come già l'emanazione del decreto attuativo lo scorso 22 giugno abbia già posto nel limbo le aziende che hanno effettuato questo tipo di investimento nei primi sei mesi dell'anno. Il ministero dello sviluppo economico guidato da Luigi Di Maio, anziché emanare una circolare chiarificatrice, ha deciso di azzerare tutto. Tanto ci penserà il reddito di cittadinanza.

Per quanto il credito di imposta fosse una misura imperfetta (prevede un accordo con i sindacati ed esclude i professionisti che ormai sono equiparati alle imprese nei bandi pubblici) introdotta dal governo Gentiloni, eliminarla renderà sicuramente meno competitive le imprese. Dall'anno prossimo scompariranno anche i 73 milioni per i competence center, cioè per gli otto poli universitari che in partnership con il privato si proponevano di sviluppare selezionati progetti di start-up. Insomma, a Di Maio & C. dell'innovazione non importa nulla. Senza contare, aggiunge duranti, che «il superammortamento non è stato prorogato e la mini-Ires o flat tax al 15% non è paragonabile a questo bonus in quanto non si applica alle imprese individuali», ma solo alle società di capitali. Un altro aspetto critico, conclude l'esperto, è «il credito di imposta in ricerca e sviluppo che non prevede più un'aliquota unica del 50% ma la suddivisione tra 50% e 25% a seconda della tipologia di costo e questo comporta una sensibile diminuzione dello sgravio riproponendo di fatto lo stesso regime di due anni fa».

Sarà bene accelerare le decisioni di investimento entro il 31 dicembre, altrimenti dall'anno prossimo le condizioni saranno meno vantaggiose. E questo vale anche per il capitale umano. I fondi per l'alternanza scuola-lavoro, che dall'anno prossimo cambierà nome in «percorsi per le competenze trasversali e per l'orientamento», sono stati dimezzati e così pure le ore da dedicare negli ultimi tre anni di licei e istituti tecnici al primo contatto con il mondo del lavoro. L'ineffabile Di Maio ha sottolineato che «i 50 milioni risparmiati serviranno a coprire una parte della spesa necessaria per non far ridurre, dal primo gennaio 2019, fino a 29 euro gli stipendi del personale docente e Ata, in particolare quelli che percepiscono meno di 25mila euro annui». Si tratta degli incrementi previsti dal contratto in scadenza.

Nella manovra c'è un taglio degli incentivi per i contratti di apprendistato. All'articolo 26 del testo bollinato dalla Ragioneria si legge infatti che i fondi stanziati sono di 5 milioni l'anno per il 2019, il 2020 e gli anni successivi. La precedente manovra aveva però previsto uno stanziamento di 15,8 milioni per il 2019 e di 22 milioni per il 2020 che ora viene ridotto per entrambi gli anni a 5 milioni con un taglio di 27,8 milioni che renderanno ancor meno appetibile questa formula contrattuale che serve a inserire giovani alla prima esperienza. È la stessa mentalità alla base del dl Dignità: se il lavoro deve essere solo a tempo indeterminato, è inutile continuare a finanziare tutto ciò che è flessibile.

Anche a costo di far bivaccare la gente sul divano.

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