Cronache

Manraj, nell'Arma un sikh che batte gli italiani

Ha superato da primo il corso della scuola allievi ed è il primo militare di origine indiana

Manraj, nell'Arma un sikh che batte gli italiani

Si chiama Manraj Singh ed è il primo sikh-arabiniere. Ovvero un italianissimo militare di origine indiana e di religione sikh. Manraj ha 24, un bel viso dall'espressione leale e nel suo corso alla Scuola allievi di Reggio Calabria, il 136°, ha battuto tutti i colleghi italiani, risultando primo per rendimento e meritandosi una menzione da parte del ministro dell'Interno. «Ha avuto una media che lo ha posizionato al di sopra di tutti gli altri allievi, con ottimi risultati in tutte le materie militari e professionali», dice orgoglioso il comandante della sua Scuola, il colonnello Davide Rossi.

Manraj è figlio di immigrati indiani giunti in Italia una trentina di anni fa dalla regione Panjab, quella da cui proviene la gran parte dei circa 150mila indiani che vivono nel nostro Paese, esempio di integrazione riuscita. Nato ad Anzio, in provincia di Roma, attorno ai 10 anni si è trasferito in Veneto, a San Donà di Piave, seguendo il papà saldatore e la mamma che in patria era insegnante di lingue ma una volta in Italia si è accontentata di fare la mamma e la moglie. Manraj si è diplomato perito elettrotecnico e ora sta per laurearsi in Ingegneria. Ma la sua vera passione è sempre stato diventare carabiniere: «Sono sempre stato attratto dall'Arma, sin da bambino - racconta -. Diventare carabiniere era uno dei miei sogni ma una vera coscienza è subentrata solo dopo che ho finito le scuole superiori». Del resto c'è una lunga tradizione di sikh nella forze armate e dell'ordine, sia in India sia nella folta comunità indiana in Gran Bretagna.

I valori di correttezza, lealtà e rispetto sono connaturati alla religione sikh, come qualche tempo fa aveva fatto notare lo stesso Manraj: «Io sono sikh, una religione in cui si dà molta importanza al vivere nella società, ci insegnano la solidarietà. Mi sono sempre impegnato al massimo, non mi pongo degli obiettivi, cerco di vivere alla giornata e spero di arrivare il più in alto possibile».

Manraj naturalmente è cittadino italiano, da quando ha compiuto 18 anni. «Si è trattato di un riconoscimento formale di un percorso. Se una persona cresce in Italia, determinati valori entrano a far parte inevitabilmente del suo bagaglio». Frasi che saranno certamente usate dai tifosi dello ius soli ma che invece a una lettura meno semplicistica sembrano andare in un'altra direzione: la cittadinanza italiana deve essere la conclusione di un percorso e non un automatismo.

Sia come sia, il sikh d'Italia Manraj da ieri frequenta il corso triennale per allievi marescialli nella scuola di Firenze, anche se il 136° corso per allievi carabinieri terminerà formalmente solo a fine ottobre. Lui vede il suo sogno avvicinarsi a passo di carica, anche se ora minimizza: «Quello che ho realizzato è alla portata di tutti». Il fatto di essere stato portato ad esempio dal ministro Marco Minniti, presente a giugno a Reggio Calabria al giuramento di Manraj e dei suoi 364 colleghi, lo onora ma non spettina la sua asiatica umiltà: «Può essere un grande messaggio per le nuove generazioni di stranieri». E forse, aggiungiamo noi, anche per le nuove generazioni di italiani autoctoni mammoni e lagnosi.

Il futuro è del carabiniere Manraj e di quelli come lui: «Voglio fare strada nell'Arma - annuncia - e lavorare al servizio del cittadino utilizzando al massimo tutte le mie potenzialità e capacità. Bisogna sempre migliorarsi per poter aiutare gli altri».

Più che lo spot dell'Arma sembra lo spot della vita, caro Manraj.

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