Politica

Mantovani in carcere, una vera porcata

Scaraventato in galera con tredici mesi di ritardo rispetto alle intenzioni della Procura di Milano

Mantovani in carcere, una vera porcata

Quando leggo certe notizie non mi sembra di essere in Italia, un Paese occidentale e presumibilmente civile, bensì in Uganda e mi tocco subito il naso per rassicurarmi che non vi sia infilato un anello. L'ultima che mi ha fatto sobbalzare sulla sedia è quella dell'arresto di Mario Mantovani, vicepresidente della Regione Lombardia. Il mio stupore non riguarda il fatto che l'uomo politico possa aver commesso dei reati più o meno gravi (altrimenti che politico sarebbe), ma che egli sia stato scaraventato in galera con tredici mesi di ritardo rispetto alle intenzioni della Procura di Milano, cui si attribuisce di aver scritto la richiesta di carcerazione preventiva addirittura nel settembre dello scorso anno.

Anche chi non abbia un'infarinatura di diritto, sa che la privazione della libertà personale è prevista per chi sia sospettato di aver sgarrato, ma solo nel caso si temano la cosiddetta reiterazione del reato, l'inquinamento delle prove e la fuga. Ora mi domando come sia possibile che questi tre requisiti esistano nella fattispecie, poiché la magistratura ha lasciato per oltre un anno che Mantovani continuasse a mantenere la carica di vice Roberto Maroni, cioè a svolgere ogni attività relativa al mandato ricevuto dagli elettori, libero di fare la vita di sempre.

Se egli avesse avuto voglia di commettere di nuovo i delitti di cui è accusato, non avrebbe avuto difficoltà ad agire. In altri termini avrebbe avuto il tempo per inquinare le prove e di trasferirsi in Uganda o altrove in tutta comodità. Perché i pm, pur a conoscenza (suppongo) di ciò, solo adesso si sono svegliati ingabbiando Mantovani onde evitare che delinqua ancora, intorbidi le acque o fugga, ossia tre pericoli inconsistenti?

Naturalmente non sto parlando male dei magistrati, dei quali ho una paura fottuta. Mi limito a invocare una spiegazione che stia in piedi alla luce dei ragionamenti elementari sopra esposti. Ovviamente non osiamo addentrarci nei dettagli dell'inchiesta, che conosciamo per sommi capi. Non escludiamo che il signor vice abbia degli scheletri nell'armadio e che, quindi, gli inquirenti siano in possesso di elementi probatori indiscutibili. Tuttavia, poiché la custodia cautelare è regolata dal codice nei modi ricordati, non ci convince che, nella circostanza, sia stata applicata correttamente. Qualche chiarimento sarebbe gradito.

Poi rammentiamo che si può indagare con efficacia anche su chi, anziché dietro le sbarre, campi in attesa di giudizio come un cittadino qualunque, innocente fino a prova contraria ovvero sino a quando non sia stata emessa una sentenza passata in giudicato. Colpevole o no che sia (non siamo in grado di pronunciarci in merito), osserviamo che a Mantovani è stato riservato un trattamento crudele immeritato, in stile ugandese o nigeriano. Non ne valeva la pena. Anche perché non mi risulta che egli abbia dei precedenti tali da indurre a pensare che la cella sia il posto giusto per lui.

Al momento.

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