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Marino è in un mare di guai: i sei assunti legati alla cupola

Dipendenti del Comune scelti a chiamata diretta, con l'avallo del sindaco e senza concorso. Lo rivela Panorama: tutti erano in contatto con l'organizzazione di Buzzi e Carminati

Marino è in un mare di guai: i sei assunti legati alla cupola

Roma - È davvero un momentaccio per Ignazio Marino, stretto com'è tra le spire di Mafia Capitale e la «sfiducia» del premier Matteo Renzi. Ci sarebbe il commissario del Pd Matteo Orfini a difenderlo, ma anche lui incassa uno stop dal prefetto Franco Gabrielli: «Non è stata presa ancora nessuna decisione sullo scioglimento del Comune». Una batosta dopo l'altra per il sindaco-chirurgo, sempre più asserragliato sul Campidoglio e deciso a non dimettersi mentre continua lo stillicidio di notizie che in qualche modo lo collegano all'inchiesta su Salvatore Buzzi e Massimo Carminati. L'ultima, contenuta in un'anticipazione di Panorama oggi in edicola, lo tira in ballo per una serie di assunzioni politicamente imbarazzanti, alcune delle quali finite nel mirino degli investigatori.

Ci sono infatti almeno sei dipendenti del Comune di Roma, tra gli oltre 140 assunti a chiamata diretta, cioè senza concorso pubblico e con l'avallo di Marino, finiti per varie vicende tra le carte di Mafia Capitale perché, come emerso dalle intercettazioni, in contatto con i vertici dell'organizzazione di Buzzi&Carminati. Tra loro c'è Silvia Decina, già capo della segreteria del sindaco, da poco delegata alla gestione del X municipio. Non è indagata, ma il suo nome compare nell'inchiesta per una telefonata in cui parla con il ras delle coop di un progetto per l'apertura di un punto vendita Leroy Merlin su un terreno del Campidoglio a fronte di un finanzamento «per il sociale» di 10 milioni di euro che faceva gola a Buzzi, il quale si era subito attivato, contattando tra gli altri proprio la Decina. Lei lo aveva rassicurato dicendogli che il sindaco aveva visto la documentazione del progetto: «Gli è piaciuto moltissimo».

Tra gli assunti da Marino c'è poi Mattia Stella, capo segreteria del sindaco, anche lui estraneo all'inchiesta ma beccato dal Ros a cena con Buzzi e considerato dai pm uno che con il capo della 29 giugno aveva un «rapporto privilegiato» che passava anche per incontri personali in luoghi non istituzionali, tanto che nelle intercettazioni si sente dire di lui che «bisogna valorizzarlo». Nel gruppo dei sei c'è anche Andrea Bianchi, assunto a chiamata diretta come capo della segreteria del vicesindaco Nieri, incarico dal quale è stato costretto a dimettersi quando è saltato fuori che aveva dichiarato una laurea mai conseguita. Dopo l'addio al Campidoglio Bianchi si è rimesso su piazza e ha trovato subito un altro lavoro, proprio nella cooperativa 29 giugno di Buzzi. E poco dopo il suo arrivo, scrive Panorama , il Comune concede alla coop un affitto a prezzo stracciato per la sua sede. Il suo nome salta fuori perché Buzzi spiega nel corso di una riunione nel suo quartier generale, il 3 gennaio 2014, che è presente Andrea Bianchi, il quale ha cominciato a collaborare con loro il giorno precedente. Un altro nome è quello di Brigidina Paone, finita ai domiciliari nella seconda retata di Mafia Capitale. Ex dipendente del Campidoglio in pensione, è stata assunta da Marino e in qualità di collaboratrice all'Assessorato alla casa riduce dell'80 per cento il valore di alcuni immobili in dismissione, tra cui la sede della coop di Buzzi. Poi ci sono Romina Raffo e Calogero Salvatore Nucera. La Raffo è nello staff del vicesindaco. Non è indagata, ma Buzzi dice di averle dato 4mila euro «in chiaro» per la campagna elettorale di Nieri. Nucera, invece, è indagato per associazione mafiosa.

Era stato assunto all'assessorato Ambiente anche se lavorava nella segreteria dell'ex capo gruppo Pd Francesco D'Ausilio, uno degli amici che Buzzi vantava in Campidoglio e che si è dimesso per l'inchiesta.

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