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Marocco, la rivolta è a ritmo di rap: il cantante in cella sfida il potere

Gnawi condannato per una hit contro la violenza della polizia Già 16 milioni di ascolti. E il governo teme l'effetto boomerang

Marocco, la rivolta è a ritmo di rap: il cantante in cella sfida il potere

L'atmosfera è grigia, triste, le voci arrabbiate, dolenti, le parole forti di chi è senza scampo. È il video della canzone del rapper Gnawi, 31 anni, vero nome Mohammed Mounir, condannato ad un anno di prigione per aver insultato la polizia. Il pubblico marocchino ha reagito all'arresto con un atto di amore e indignazione. Ha scaricato in massa la canzone considerata offensiva nei confronti delle forze dell'ordine, «Aasha chaab», cioè «Viva il popolo». La hit ha raggiunto i 16 milioni di ascolti, un record in Marocco. Ma oltre la musica, c'è la politica. E questo preoccupa le autorità del Regno. Gnawi, interpreta la rabbia delle regioni più povere, il Sud che si rifà alle tonalità musicali africane, e il Rif berbero, aspro e indomabile.

Il processo è diventato così un atto di accusa contro il potere. «Sono un artista, il mio compito è difendere i miei diritti e i diritti delle persone si è difeso in aula Gnawi -. Questa non è la prima volta che mi umilia la polizia. Da quando sono nato, ho continuato a subire umiliazioni». La sua hit è anche un messaggio rivolto ai giovani marocchini disillusi. «Dimmi, staremo davvero zitti per questa umiliazione?», è l'attacco di un testo che denuncia torture, abuso di droghe, corruzione e suggerisce che la povertà sarà eliminata entro il 2020 «perché tutti avranno lasciato il Paese».

Gnawi si rivolge poi agli abitanti della regione montuosa del Rif del Marocco che «sognano una terra meravigliosa» ma possono soltanto scappare, e ancora a una madre che ha visto i figli annegare in mare nel tentativo di emigrare in Europa. Alcuni versi sono dedicati ai giovani rovinati dall'hashish, dalle pillole e dalle droghe pesanti. E arriva poi la denuncia di chi ha spremuto le ricchezze del Paese «ma vuole sempre di più». E le richieste sue e della popolazione: «Voglio solo eguaglianza e cibo», «non c'è niente da mangiare, né vestiti da indossare», «ci hanno succhiato il sangue».

Secondo il suo avvocato, Gnawi è principalmente perseguito per questa sua canzone. I testi attaccano anche il re Mohammed VI, una «linea rossa» nel Paese. Il rapper è stato anche multato per mille dirham, circa 94 euro. In risposta, uno dei coautori del controversa canzone, Lz3er, ha pubblicato una nuova hit che spiega «cosa ha fatto uscire Gnawi dai suoi cardini» e ha raggiunto già 750mila visualizzazioni su YouTube. «Non abbiamo fatto questo per puntare il dito o creare polemiche. Abbiamo espresso ciò che la maggior parte dei marocchini sente ma ha paura di dire», ha spiegato Lz3er.

Amnesty International ha definito le accuse contro il rapper come «assurde» e ha detto che dovrebbe essere liberato immediatamente. Ma la situazione in Marocco è una polveriera già da tempo. Dalle proteste della primavera araba del 2011 il sovrano ha cercato di scendere a compromessi. Ma il malcontento ha continuato a ribollire e il governo ha cercato di mantenere il controllo sui disordini reprimendo sempre più.

Già nel 2011 ad un altro rapper era capitata la stessa sorte. Mouad Belrhouate è stato incarcerato per due anni, e ha poi chiesto asilo politico in Belgio. Le parole di Belrhouate sulla sua esperienza sono molto tristi. «Anche se amo molto il mio paese, mi ha soffocato. Mi sono sentito in prigione fuori dalla prigione, eppure sogno il giorno in cui ritornerò nel mio piccolo bunker nel quartiere di Casablanca». Non meno malinconiche le parole di Gnawi nella sua hit tanto discussa: «La nostra estate si è trasformata in un autunno».

E poi il rapper chiede: «Mamma, sono arrabbiato, perché dovrei stare zitto?», «mettono i nostri sogni in manette così rimarremo i loro schiavi».

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