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Mattarella ingabbia Matteo: "Inconcepibile votare subito"

Il presidente categorico: prima la legge elettorale. Da domani via alle consultazioni. Grasso prende quota

Mattarella ingabbia Matteo: "Inconcepibile votare subito"

Niente Butterfly per il presidente, che a Roma ha ben altre Madame da affrontare. Disertata ancora la prima della Scala, cambiata l'agenda in corsa, cancellati pure tutti gli altri impegni milanesi: il capo dello Stato infatti riceverà Matteo Renzi per le dimissioni prima del previsto, forse già oggi, subito dopo l'approvazione delle legge di Stabilità e la direzione del Pd. Giovedì partiranno le consultazioni. L'incarico «a breve». I nomi in campo sono i soliti, la novità è Pietro Grasso. Si va verso un «governo di responsabilità»?

Sembra uno sprint verso il voto anticipato a febbraio, che era il famoso piano A del premier, in realtà l'accelerazione finisce qua. Facendo sponda con il Colle, si è attivato al Nazareno il cosiddetto «partito dei frenatori», che pare stia convincendo Matteo a ripiegare su un più prudente e condiviso piano B. Perché, come Sergio Mattarella ha spiegato in queste ore ai suoi interlocutori, non è possibile mandare l'Italia alle urne con due sistemi elettorali diversi, uno dei quali per giunta, la Camera, ancora sotto il vaglio della Corte Costituzionale. «Inconcepibile», così si sarebbe sfogato il presidente secondo alcune ricostruzioni, «occorre prima rendere le leggi omogenee». Oggi abbiamo il Senato proporzionale e la Camera fortemente maggioritaria: «così la governabilità è impossibile».

A trasferire a via del Nazareno gli umori presidenziali ci sta pensando Dario Franceschini. Il ministro dei Beni culturali, alleato di Renzi ma possessore della golden share del Pd, è da sempre in ottimi rapporti con Mattarella. Franceschini ha parlato con il presidente del Consiglio e i due hanno concordato, su consiglio del Colle, di affrontare l'assemblea del partito con toni sfumati. Elezioni quanto prima ma non subito: la finestra di febbraio, con un Renzi dimissionario ancora a Palazzo Chigi, si sta chiudendo.

La Consulta infatti si pronuncerà sull'Italicum soltanto il 24 gennaio. Prima di conoscere il giudizio, dice Mattarella, non si può certo votare per un fatto di «correttezza istituzionale». E dopo, qualcuno dovrà recepire la decisione, votare una legge e varare i decreti attuativi. I tempi si riallungano. L'orizzonte elettorale di Renzi si sta quindi spostando verso la tarda primavera e a quella data è impossibile arrivarci con un premier non nel pieno delle sue funzioni. Chi? A questo punto, più di un Padoan e un Gentiloni, Renzi preferisce Grasso. Un governo amico ma separato, senza ministri uscenti, che si possa cannoneggiare per fare campagna elettorale.

Reggerà questo schema? Dal punto di vista del Colle una nuova legge elettorale, e dunque un governo che assicuri una «transizione ordinata», nel rispetto della sovranità del Parlamento, sarebbe innanzitutto una soluzione obbligata prima che di «buon senso». Il Quirinale, proprio per il suo ruolo, è geneticamente contro gli scioglimenti anticipati, quando possibile. Certo, Mattarella non è Napolitano, lui fa il notaio, l'arbitro, e vuole limitare al massimo il suo interventismo. La situazione poi, in questa sua prima crisi del settennato, è molto particolare: la palla, visti i numeri parlamentari, è nelle mani del Pd e non tanto nelle sue. Però sta cercando di aprire una rete di protezione sul Paese per evitare turbolenze eccessive.

Ci sono gli aiuti alle zone terremotate da garantire, il semestre italiano del G7 da salvare e lo spettro di una nuova manovrona da una ventina di miliardi, imposta da Bruxelles, da scongiurare.

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