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Mattarella non vuole le urne Oggi il via alle consultazioni

Il capo dello Stato irritato: si riserva di decidere sulle dimissioni di Matteo. L'ipotesi di un incarico a Grasso

Mattarella non vuole le urne Oggi il via alle consultazioni

«Salirò al Colle con un sorriso». E infatti è piuttosto allegro Matteo Renzi quando, alle sette di sera, entra nello studio del capo dello Stato e rimette il suo mandato, convinto forse di avere ancora il gioco in mano. «Non posso restare a Palazzo Chigi a farmi rosolare», questa la linea del premier, «quindi me ne vado». E per il dopo, propone un governo istituzionale, «di responsabilità nazionale», cioè con Forza Italia dentro. Oppure, di andare al voto dopo la sentenza della Consulta sull'Italicum. Sergio Mattarella invece sorride di meno, anzi è molto preoccupato per la «pazza» corsa verso le elezioni e «si riserva di decidere» sulle dimissioni.

Il colloquio, abbastanza freddo, spigoloso, «franco» per dirla con il gergo della diplomazia, dura una quarantina di minuti. Alle fine, all'ora di cena, il segretario generale Ugo Zampetti si affaccia alla Vetrata e annuncia che Renzi, «essendosi concluso l'iter parlamentare di esame e di approvazione della legge di bilancio, ha rassegnato le dimissioni del governo da lui presieduto». Mattarella però non le ancora accettate, anzi ha «invitato il governo a rimanere in carica per il disbrigo degli affari correnti».

Renzi resta, ma la crisi è formalmente aperta. Ad accelerarla la fiducia sprint del Senato alla manovra e la direzione lampo del Pd, con una relazione del segretario senza repliche. Gli esiti sono imprevedibili. Grasso, Padoan, il voto anticipato? O di nuovo Renzi fino al voto anticipato, magari tra una settimana, richiamato quasi a furor di popolo dopo aver bruciato tutte le alternative? Fi ha detto no a un suo coinvolgimento. Si vedrà. Intanto si parte con la scelta del capo dello Stato di navigare a vista, affrontando un problema alla volto giorno dopo giorno. Se dipendesse solo da lui, Mattarella non scioglierebbe il Paese prima della scadenza naturale, a primavera del 2018. Il protocollo un po' lo aiuta.

E così sotto con un giro di valzer, sia pur veloce, di consultazioni. Renzi non parteciperà, resterà a casa con i figli «a giocare alla playstation». Oggi saliranno sul Colle i presidenti di Camera e Senato, Laura Boldrini e Pietro Grasso, e l'ex capo dello Stato Giorgio Napolitano. Domani sarà la volta dei partiti. Tra domenica e lunedì le scelte di Mattarella, che spera di vederci più chiaro e di trovare la soluzione entro in fine settimana. Forzerà la mano per «parlamentarizzare» la crisi, rimandando Renzi alle Camere? In fondo non è stato sfiduciato. O darà un incarico esplorativo a Grasso?

Una crisi al buio. Mattarella e Renzi, che vengono da due pianeti diversi, troveranno il modo di evitare che il sistema cada in tilt come un flipper scosso con foga? Per ora sembrano avviati su strade diverse. Il premier ha fretta perché più passa il tempo e più affoga nella palude del partito. «Il presidente - scrive nella sua e-news - farà le consultazioni. Decideranno i gruppi parlamentari. Vorranno andare subito a elezioni? Si dovrà attendere la sentenza della Consulta di martedì 24 gennaio». Difficile, ma l'alternativa appare meno praticabile. «Se vorranno andare avanti, dovranno indicare la propria disponibilità a sostenere un nuovo governo». Il capo dello Stato al contrario si muove con prudenza.

L'economia, le banche, i terremotati, i lavoro, il G7 di Taormina a maggio: c'è molto da fare, servirebbe un governo vero fino al 2018.

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