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Emiliano incoronato a sinistra: è lui l'anti Matteo

Dalla battaglia contro le trivelle alla sfida al suo segretario. Il referendum trasforma in leader il governatore della Puglia

Emiliano incoronato a sinistra: è lui l'anti Matteo

Roma -Non è bastato un selfie alle nove di mattina per dare la sveglia al popolo delle trivelle. Ma non è bastato neppure un presidente del Consiglio alle 11 di notte per frenare il ciclone Michele Emiliano. Più che una trivella, un cannone che dal referendum in avanti promettere di essere puntato verso Palazzo Chigi.

Il governatore pugliese porge la dichiarazione di guerra via etere, durante la diretta di Mentana, dopo aver sentito Matteo Renzi. La voce gli trema, anche perché è trattenuta a stento entro un corpaccione di oltre 130 kg che sarebbero pronti a schiacciare quello che lo ha appena voluto additare come nemico pubblico. «Abbiamo stravinto, il premier non faccia finta di nulla», esordisce Emiliano sovvertendo un po' il senso comune delle parole. Il suo ragionamento sta in un tetto di dieci milioni di voti, quelli presi dal Pd alle Europee. Oggi sono 14 milioni coloro che hanno disobbedito al primo «presidente del Consiglio che ha invitato a non andare a votare, una cosa che resterà scritta nella storia d'Italia». Ma al di là della polemica sulle «scelte scellerate» fatte da Renzi, potente è la ricostruzione che fa Emiliano della genesi del referendum, anche perché parla senza peli sulla lingua delle lobby (anzi chiede direttamente una legge sulle lobby), riferendosi allo scandalo di Tempa rossa e ricordando come «li abbiamo beccati con le mani nella marmellata», soltanto grazie al referendum sono stati costretti a rimangiarsi almeno cinque delle scelte fatte (i quesiti in origine erano sei, ma cinque nel frattempo sono stati ritenuti inutili per i successivi provvedimenti in dietro-front del governo). A far male all'ex amico Renzi sono però le allusioni ai lobbisti che «vengono ricevuti a Palazzo Chigi, basta avere i numeri giusti, mentre Renzi non ha ricevuto noi che siamo stati eletti dal popolo».

«Alla barzelletta dei posti di lavoro persi non ci crede più nessuno, Renzi la smetta», dice Emiliano. E attacca diretto: «La battaglia non finisce qui: pretenderemo che le piattaforme che non lavorano più vengano smontate rapidamente e senza danni all'ambiente; ribalteremo la piramide, non possiamo lasciare i potenti a fare finta di nulla, cambierà tutto, Renzi non creda che basta che lui prenda una decisione perché tutti gli stiano attorno a battere le mani». La rabbia di Emiliano, che si scusa per le parole offensive diretta al suo segretario durante l'ultima Direzione del Pd, va ancora oltre, arriva a respingere le minacce e le allusioni renziane di voler diventare il suo avversario diretto: «Non mi spaventa, come non ha spaventato tutti i cittadini che hanno voluto votare contro di lui. Non la butti in rissa. Impari ad ascoltarci, ad ascoltare tutti gli italiani e in particolar modo quelli che vengono eletti».

Sottinteso, lui che non lo è mai stato. Emiliano invece sì, ci mette la faccia e il corpaccione. E sul campo pare essersi guadagnato sul campo i galloni di capo della Resistenza interna. La rivincita sarà a ottobre, quando non ci sarà la comoda coperta del quorum. Con questo sistema dei media così prono a Renzi la campagna d'autunno sarà quasi più improba di quella di Napoleone in Russia. Ed Emiliano non ha certo quel peso. Se non altro, però, almeno il nome c'è.

Da rivoluzionario.

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