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Matteo si chiude in casa ma è già al lavoro per il suo nuovo partito

Renzi ai giornalisti: «Faccio l'autista». E ai suoi: «Congresso e si riparte, ma sarà lunga»

Matteo si chiude in casa ma è già al lavoro per il suo nuovo partito

«Oggi faccio l'autista, ragazzi». Al volante della sua auto, la moglie Agnese a fianco e i figli dietro, Matteo Renzi saluta i cronisti a Pontassieve, dove è tornato dopo le dimissioni per passare il giorno di festa.

Domani pomeriggio il premier uscente sarà a Roma, a Palazzo Chigi, perché è ancora in carica per gli affari correnti. E ad osservare da vicino gli sviluppi della crisi, che sabato vedrà il culmine delle consultazioni al Colle con le delegazioni dei principali partiti, e quella del Pd in particolare. Un partito in ebollizione, nel quale ieri ha fatto rumore un sondaggio della Stampa, secondo cui non solo la popolarità di Renzi è salita nel post-referendum (e quella dei suoi principali avversari, i Cinque Stelle, è calata), ma che dice una cosa nuova: un nuovo partito di centrosinistra, fondato da Renzi a sua immagine e somiglianza, avrebbe un appeal elettorale altissimo (33%), addirittura superiore a quello del Pd vecchia maniera (32,5%).

Un'analisi che i renziani ieri si passavano di mano in mano con interesse, e che faceva arricciare il naso ad altre componenti del partito. Ma che il premier uscente, sia pur sconfitto al referendum, resti la miglior risorsa elettorale a disposizione nel centrosinistra lo ammettono tutti o quasi, con l'eccezione dei suoi arcinemici della minoranza bersaniana. Lo ha spiegato anche il Guardasigilli Andrea Orlando a chi, nella corrente di Franceschini, lo invitava a fare sponda (magari come futuro candidato segretario) contro il premier: «Non esiste».

E dunque il fantasma anche solo evocato della nascita di un «partito di Renzi» atterrisce chi è consapevole che la prossima partita elettorale sarà quella finale contro il dilagare del populismo a vocazione autoritaria dei Cinque Stelle. Intanto, però, c'è da affrontare la crisi, cui Sergio Mattarella vuol dare soluzione in tempi ragionevoli. E il premier uscente assicura al Capo dello Stato tutta la propria «disponibilità» ad affidarsi al suo giudizio. Sull'ipotesi reincarico Matteo Renzi continua a ribadire la sua linea: «Solo se lo chiedessero anche la Lega e i grillini». Che sembra un modo per chiudere il discorso, se non fosse che uno degli aspiranti candidati premier del partito di Beppe Grillo, Luigi Di Maio, ieri invitava proprio Renzi a restare, con l'obiettivo, una volta uscita la sentenza della Corte Costituzionale sulla legge elettorale, di andare «subito» a votare. L'ipotesi dunque non esce dal campo, anche se Renzi ufficialmente non sembra prenderla in considerazione: «Non mi metto in quel cul de sac», e con i suoi ragiona di altro: di come riorganizzare il partito, di un congresso da aprire e vincere in tempi brevi per rilegittimarsi alla leadership e fare chiarezza nelle correnti.

Ma l'ipotesi iniziale di Renzi, quella di elezioni prima possibile, sembra allontanarsi: buona parte del Pd non ci sta, non solo la minoranza ma anche l'ala franceschiniana vuole arrivare a fine legislatura con un governo purchessia. Anche il capogruppo al Senato Zanda (che di lì viene), indica l'orizzonte 2018. E allora tornano in ballo le diverse ipotesi: Padoan, Gentiloni, persino Grasso che consentirebbe al Pd di tenersi le mani più libere.

Una sola cosa sembra certa: «Sarà ancora lunga».

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