Politica

«Il Mediterraneo rischia di finire in mano ai predoni»

Paolo Quercia è un analista esperto di pirateria, lavora per il Centro Alti studi della Difesa.

Cosa è accaduto al largo della Libia con il fallito sequestro di un peschereccio italiano?

«Un vero e proprio atto di pirateria, un assalto armato in piena regola da parte di milizie irregolari, o comunque che non rispondono più a catene di comando istituzionali internazionalmente riconosciute. Ed è la prima volta, che capita qualcosa del genere, rispetto ai sequestri precedenti».

Ovvero?

«Da quando la Libia reclama un'estensione delle proprie acque territoriali ben superiore a quanto previsto dal diritto internazionale si sono registrati negli ultimi dieci anni almeno una dozzina di casi di pescherecci italiani sequestrati. Gli ultimi risalgono al 2012 in Cirenaica».

Perché questa volta è diverso?

«La Marina militare ha fatto bene ad intervenire tempestivamente in quanto era molto elevato il rischio che i sequestratori potessero chiedere un riscatto o peggio. Avrebbero potuto girare gli ostaggi a gruppi islamisti. È chiaro che esiste ormai un potenziale enorme per la nascita di una pirateria libica. Il “business model“ è quello somalo, ben rodato e non difficile da replicare sulle sponde del Mediterraneo».

La Libia come la Somalia?

«Le condizioni ci sono già tutte. Ne ho parlato in tempi non sospetti in vari convegni per la presentazione del volume “Il Tesoro dei pirati” realizzato per il Ministero della Difesa. Quello che lo ha impedito fino ad oggi è il fatto che il business criminale del traffico dei migranti è molto più redditizio e meno complesso della gestione di un sequestro di nave ed equipaggio per diversi mesi».

Bisogna intervenire militarmente?

«Il rischio è che un contrasto più robusto ai trafficanti porterebbe ad aumentare il numero dei tentati abbordaggi alle navi italiane. Vorrei sbagliarmi, ma credo che presto saremo costretti a porci il il problema della scorta armata ai pescherecci nel Mediterraneo. Sarebbe un segnale che la situazione ci è sfuggita di mano».

L'altro giorno una presunta motovedetta libica che spara e si porta via un barcone per i migranti. Ieri un rimorchiatore senza insegne che sequestra un peschereccio italiano. Chi sono questi nuovi pirati?

«Nell'anarchia in cui è sprofondata la Libia possono essere chiunque. Schegge della forze di sicurezza che rispondono a se stessi o alle milizie più forti o addirittura gruppi terroristici».

Che collegamento con le bandiere nere?

«Se seguiamo lo scenario somalo i pirati sono nati da clan o milizie locali che poi pagavano il pizzo a gruppi del terrore per ottenere protezione e garantire i sequestri.

Lo stesso potrebbe capitare in Libia grazie alla galassia di milizie e forze di sicurezza sbandate, che magari hanno bisogno dell'appoggio di gruppi terroristici, che non mancano da Ansar la Sharia al Califfato».

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