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Merkel e Macron ci scaricano i migranti

Meloni suona l'allarme: "L'Italia rischia di diventare il campo profughi Ue"

Merkel e Macron ci scaricano i migranti

Un po' come quando da piccoli dovevamo correre per mettere il dito sotto il palmo della mano di un nostro amico, mentre sentivamo la solita cantilena che accompagnava il gesto: «Si sta per chiudere, si sta per chiudere!». Il pugno si chiudeva e chi aveva messo l'indice sotto al quel tetto, sotto a quel cappello fatto a mano, giocava, mentre gli altri rimanevano fuori. Le porte dell'Europa si stanno chiudendo, ma solo per chi riesce ad avere la forza di chiuderne le pesanti ante. In tutti gli altri Paesi della condivisa accoglienza rimane solo l'eco sbiadita, un suono che somiglia a quello di una lenza, spesso mortale, sempre feroce e a cui viene ogni volta attaccata un'esca scintillante, che trascina chi riesce verso un mondo disincantato, distopico.

Angela Merkel sta per tornare in gioco, issando saldamente la bandiera del tricolore tedesco al di sopra di quella delle stelle dorate europee. Dopo quasi quattro mesi di trattative ha trovato la chiave giusta per riaccendere il motore, passepartout perfetto per chiudere anche la porta d'ingresso dei rifugiati, di chi, per disperazione o distorta illusione, intraprende il viaggio verso l'Europa. Ma l'esca attira ancora, e le larghe intese tedesche stracciano quelle precarie che si erano decise in materia di migranti a livello europeo. Dopo il no dei Paesi dell'Est Europa e il muro, di cui si è poco parlato, innalzato dalla Francia, adesso è la volta della Germania. «L'accordo per l'assorbimento dei migranti viene cancellato», citando il tweet di Giorgia Meloni, leader di Fratelli d'Italia. Già, perché se in una coalizione composta principalmente di tre parti, Italia, Francia e Germania, due vengono a mancare, quell'accordo viene di fatto disatteso. Eppure l'esca continua a funzionare e, anche nei mesi invernali, trascina in mare e attira verso le coste italiane.

E così l'accordo di un Paese si trasforma in una terribile e ancor più onerosa sfida per un altro. Il tetto dei 220.000 migranti l'anno imposto dalla Grande Coalizione tedesca rende insignificante il senso del Trattato di Lisbona, trasformando quella che sta vivendo l'Italia in una situazione ancora più claustrofobica. La distribuzione è diventata ormai una stazione: qualcuno ci si ferma per un periodo ma molti passano avanti senza fermarsi, un po' come avveniva nelle stazioni della metropolitana nelle zone di Berlino Est ai tempi del muro.

Nel 2017 l'ondata migratoria ha subito un calo rispetto ai due anni precedenti ma la redistribuzione è stata fatta poco e male. È come dire che attraverso l'imbuto sono passate meno persone ma molte di queste sono rimaste imbottigliate al suo interno, perché alla fine del tunnel non ci sono recipienti. L'Europa ci aveva dato ragione quando nel settembre scorso la Corte Ue aveva rigettato il ricorso di alcuni Paesi dell'Est che non volevano rispettare le proprie quote di migranti. «Non è una posizione italiana ma dell'Europa perché se viene meno il vincolo di solidarietà viene meno l'Europa stessa», si era detto. Nei primi giorni del 2018 gli arrivi in Italia sono cresciuti del 15% rispetto alla scorso anno e con porte chiuse e muri da scavalcare l'Italia si trova isolata, allontanata, tacciata. Un tetto basso piega una schiena già curva di un'Europa (o di un'Italia) a briglie sciolte. C'era un italiano, un francese e un tedesco in mezzo al mare.

Gli ultimi due tornano a riva tirando i remi in barca mentre il primo rimane solo, in mezzo al Mediterraneo.

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