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Merkel sotto accusa: aprire ai profughi è un abuso

La cancelliera tedesca in difficoltà. Per un giudice costituzionale avrebbe dovuto chiedere prima al Parlamento

Merkel sotto accusa: aprire ai profughi è un abuso

Berlino - Prima gli elettori, poi i politici, infine i giudici costituzionali. Con la decisione della scorsa estate di trasformare la Germania in un porto sicuro per i profughi in fuga dal Medio Oriente, Angela Merkel si è conquistata una nuova categoria di avversari. «La decisione in solitaria della cancelleria è stato un abuso di potere». Lo ha scritto senza tanti giri di parole Michael Bertrams, presidente dal 1994 al 2013 della Corte costituzionale del Nord Reno-Westfalia, il più grande dei 16 Länder tedeschi. In una lettera pubblicata dal Kölner Stadt-Anzeiger, il giudice mette in dubbio la legittimità della scelta di Merkel, orgogliosa di aver agito da sola. Per Bertrams non è grave tanto l'isolamento della cancelliera in seno al governo, quanto il mancato coinvolgimento del Bundestag: «Nella nostra democrazia rappresentativa tutte le decisioni essenziali e in particolare quelli con un impatto sul bilancio dello Stato spettano ai deputati».Quello del giudice non è un vezzo parlamentarista: «È stata la Corte costituzionale federale a stabilire che il Bundestag ha l'ultima parola, per esempio, sull'invio delle forze armate tedesche all'estero, e senza l'approvazione parlamentare queste missioni semplicemente non esistono. Se serve il consenso dei rappresentanti del popolo per inviare poche centinaia di soldati in Mali, tanto più ciò è necessario per accogliere centinaia di migliaia di profughi».Il magistrato riconosce al governo «la potestà di agire da solo in caso di pericolo imminente», ferma restando la necessaria approvazione del Parlamento. Secondo Bertrams, quella della cancelliera «è una politica piena di empatia ma senza alcun piano» e la leader cristiano-democratica «ha compiuto un gesto di autoglorificazione». Gravi, poi, a livello europeo le conseguenze della politica dell'accoglienza: perché se Merkel aveva assicurato che avrebbe messo tutta l'Europa a lavorare sui rifugiati, argomenta il costituzionalista, «questo non è accaduto, e in assenza di una soluzione continentale ci saranno ricadute alle frontiere nazionali, come sta già accadendo fra Danimarca, Svezia, Germania e Austria», Paesi che a più riprese hanno ripristinato i controlli ai confini, sospendendo Schengen. Insomma, la politica del governo «minaccia uno dei più grandi successi del processo di unificazione europea: la libertà di movimento».Anche l'ex membro della Corte costituzionale federale, Udi Di Fabio, ha sparato una bordata contro la cancelliera. In un parere reso commissionatogli dall'amministrazione statale bavarese, Di Fabio sostiene che Monaco ha in teoria il diritto di trascinare il governo federale in tribunale, ossia davanti alla Corte di Karlsruhe, per contestare la politica sui profughi. Accogliendogli a centinaia di migliaia (nel 2015 ne sono stati registrati 1,1 milioni), il potere centrale avrebbe mancato al proprio dovere di controllare le frontiere esterne della Repubblica federale.

La possibilità per la Baviera di adire la Corte costituzionale contro la politica di Merkel era stata ventilata lo scorso ottobre dal governatore Horst Seehofer: benché il partito cristiano sociale di Seehofer formi un gruppo unico al Bundestag con i cristiano-democratici della cancelleria, il governatore è stato fin da subito uno dei più fermi oppositori dell'accoglienza ai rifugiati.

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