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Il Messico schiera 6mila soldati per scampare ai dazi di Trump

A Washington proseguono i negoziati: 48 ore per evitare il via alle tariffe al 5%. Trump vuole lo stop agli immigrati

New York Si apre uno spiraglio nella trattativa tra Usa e Messico per scongiurare la scure dei dazi minacciati da Donald Trump sull'export del Paese vicino finché non fermerà il flusso di migranti verso gli Stati Uniti. A Washington le due delegazioni proseguono i negoziati, ed è una corsa contro il tempo per evitare che da lunedì scattino le tariffe al 5% su tutto il made in Mexico che entra negli Usa. Tariffe che poi saliranno gradualmente fino al 25% in ottobre, e resteranno in vigore sin quando la crisi non sarà risolta.

Il ministro degli Esteri messicano Marcelo Ebrard si è giocato la carta dei 6mila uomini della Guardia nazionale da inviare al confine con il Guatemala per arrestare il flusso di clandestini verso gli Stati Uniti, dopo il giro di vite che ha portato ad un aumento delle detenzioni. «Se saremo in grado di concludere un accordo, e ci sono buone probabilità che lo faremo, allora inizieranno ad acquistare prodotti agricoli in gran quantità, immediatamente. Se riusciremo raggiungere l'intesa, il Messico da lunedì inizierà a pagare le tariffe al 5%», ha spiegato su Twitter Trump dall'Irlanda, dove è in visita di ufficiale di Stato.

Parole decisamente meno fosche di quelle pronunciate poche ore prima dalla portavoce della Casa Bianca, Sarah Sanders, che aveva detto: «La nostra posizione non è cambiata. I dazi entreranno in vigore il 10 giugno. Sono stati fatti molti progressi, gli incontri sono andati bene, ma per ora siamo ancora sulla strada delle tariffe».

Le richieste degli Usa sono principalmente tre: fermare una quota molto più rilevante di immigrati al confine col Guatemala di fatto blindando la frontiera, rafforzare con misure concrete la lotta al contrabbando e ai traffici illeciti, impedire per legge che i migranti che entrano in Messico da Guatemala, Honduras ed El Salvador abbiano automaticamente il diritto di fare domanda di asilo in America. Ed è proprio quest'ultimo nodo quello più difficile da sciogliere, in particolare su quale Paese dovrebbe essere responsabile di assorbire i migranti in fuga dalla povertà e violenza. L'amministrazione Trump vuole che il Messico accetti di prendere quasi tutti i richiedenti asilo che attraversano il Paese, spingendo il governo a firmare un accordo che impedirà sostanzialmente ai migranti centroamericani di cercare di ottenere asilo negli Stati Uniti.

Sino ad ora il presidente Andres Manuel Lopez Obrador ha resistito, ma gli ultimi segnali indicano che potrebbe cedere. Se non sarà raggiunto l'accordo invece, secondo The Hill, il tycoon è pronto anche a dichiarare un nuovo stato di emergenza nazionale per colpire duramente con i dazi il Paese vicino e superare le resistenze in Congresso, anche di molti repubblicani. Non è escluso tuttavia che The Donald voglia introdurre la prima tranche di dazi al 5% sui 350 miliardi di dollari di export messicano per continuare a trattare da una posizione di forza. Il conto in questo caso per il Paese confinante sarebbe di 17 miliardi, mentre con i dazi al 25% salirebbe a quasi 86 miliardi. Le tariffe - secondo le ultime stime - rischiano di far saltare in Usa almeno 400mila posti di lavoro, mettendo in gravi difficoltà soprattutto le economie degli stati confinanti col Messico, come Texas e California.

Nel tentativo di evitare i dazi, il ministero delle Finanze messicano ha annunciato anche di aver bloccato i conti di 26 persone «per il loro probabile ruolo nel traffico di migranti ed il sostegno illecito alle carovane» dirette verso gli Usa.

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