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La metamorfosi di Torino Così la città diventa la Mecca del «menu halal»

La raccomandazione della giunta pentastellata agli albergatori: «Servite cibo muslim friendly»

La metamorfosi di Torino Così la città diventa la Mecca del «menu halal»

Frigobar senza bevande alcoliche, una copia del Corano sul comodino, indicazioni delle sale di preghiera in città e della Mecca. Torino, la roccaforte del M5s, la faccia pulita del grillismo del buon governo, così lontano da quello che a Roma invece è sotto assedio, vuole diventare muslim friendly.

Sono trascorsi pochi mesi da quando a ottobre, in uno dei suoi primi viaggi istituzionali, Chiara Appendino andava a caccia di investitori a Dubai «per aprire nuovi mercati alle nostre aziende».

Ora la giunta pentastellata sterza ulteriormente verso il Medio Oriente per ossigenare il turismo nella città lasciata da Piero Fassino. Mercoledì un incontro di «formazione» promosso dal Comune e Università, ha ribadito alle strutture ricettive la necessità di dotarsi di misure e accorgimenti a misura di musulmani.

Un modo per tentare di accaparrarsi parte della gigantesca torta che ha visto nel 2013 l'Italia essere la quinta meta in ordine di preferenza di 4,6 milioni di visitatori islamici nel mondo, e che stime calcolano capace di fatturare di 181 miliardi di dollari nel 2018. Ma soprattutto, un monito, quello arrivato da Palazzo civico, per farsi trovare pronti al terzo forum della finanza islamica che andrà in scena sotto la Mole il 6 e 7 marzo.

Servono menu halal, stanze di hotel che rispettino i divieti di cibo e di alcol imposti dalla fede, la proposta di prodotti per il corpo certificati, segnaletica delle sale di preghiera più vicine e della Mecca.

Spiegava Paolo Pietro Biancone, dell'Università di Torino, che «non ci sono ancora queste infrastrutture, ma si tratta di un turismo di alta gamma ed è importante capire che è un'opportunità per gli operatori e che l'accoglienza halal non penalizza il cliente tradizionale».

Un'iniziativa, quella del forum, eredità della precedente amministrazione che la sindaca vegan e anti-wifi ha confermato, in ossequio al pragmatismo di governo che dimentica rapidamente le urla demolitrici da campagna elettorale.

Il convegno sull'universo finanziario basato sulla Sharia non è infatti che la prosecuzione della strada tracciata dall'ex direttore generale del Comune, Gianmarco Montanari. Su cui Appendino intende accelerare, conscia di quei 50 mila cittadini musulmani, di cui il 40% con cittadinanza italiana, che vivono nella comunità torinese: «La finanza islamica potrebbe diventare un importante ponte con le comunità - aveva detto - consentendo loro di acquistare casa e depositare qui i loro risparmi per avviare un ciclo economico virtuoso». Che non può fare a meno di percorsi specifici, dal cibo allo shopping alla cultura, «su cui per ora non abbiamo ancora riflettuto - commenta Alberto Sacco, assessore al Turismo - Abbiamo svolto questa giornata di formazione per dare indicazioni agli operatori di ristoranti e hotel in materia di accoglienza di fedeli di religione musulmana, in vista di un evento importante che porterà in città duecento personalità di alto livello».

Sul sito dell'evento, Tief 2017, sono elencati le dimensioni del mercato halal, dal cibo alle bevande, dall'abbigliamento alla cosmesi: «Si stima che la spesa in cibo e bevande da parte dei musulmani raggiungerà 1,9 miliardi di dollari entro il 2021».

Numeri che l'anomala stellina del Movimento, bocconiana e moglie di un'imprenditore, non sottovaluta.

Chissà cosa ne pensa Rousseau.

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