Sparatoria a Macerata

"Mi sento sopravvissuto Ma qui negli ultimi anni troppi arrivi irregolari"

Il senegalese di destra che vive a Macerata: «Servono regole, la gente è esasperata»

"Mi sento sopravvissuto Ma qui negli ultimi anni troppi arrivi irregolari"

Lui si chiama Paolo Diop ed è un rebus incarnato. Ha trent'anni e la pelle scura, scura come quella delle vittime di Luca Traini. Senegalese d'origine e italiano per vocazione e fede, milita da sempre nell'area sovranista dove, fino al gennaio scorso, ha ricoperto l'incarico di responsabile del dipartimento immigrazione del Movimento Nazionale per la Sovranità di Francesco Storace e Gianni Alemanno. La stessa area in cui gravitava anche l'attentatore di Macerata, candidato nel 2017 alle comunali di Corridonia con la Lega Nord. Diop si sente «tra due fuochi», è vittima e al tempo stesso carnefice: «Non è facile, il mio ruolo adesso sarà quello di mediatore». Nella città marchigiana dove Traini ha deliberatamente aperto il fuoco contro un gruppo di africani, ferendone sei, ci vive anche lui. Abita proprio a pochi metri da dove si è consumato tutto.

Conosce Traini? Che tipo è?

«Sì, lo conosco, Macerata è una piccola città e ci conosciamo un po' tutti. Era un ragazzo tranquillo, una persona estremamente rispettosa e introversa, un gesto simile non me lo sarei mai aspettato».

Qual era il suo ruolo nella Lega?

«Un ruolo decisamente marginale, si era candidato alle comunali di Corriodonia nel 2017, ma si trattò di una candidatura di servizio e infatti prese zero preferenze».

Come vive un senegalese di destra quello che è successo? Ha pensato che tra le vittime ci sarebbe potuto essere anche lei?

«Sono tra due fuochi, e non è facile. Da un lato mi sento un sopravvissuto, venerdì non ero a Macerata per puro caso. Vivo a pochi metri dal luogo dell'attentato, in quegli attimi di follia Traini avrebbe potuto sparare anche a me. Dall'altro lato, però, rappresento anche la comunità maceratese. Negli ultimi anni c'è stata una crescita esponenziale dell'immigrazione in città, un'immigrazione incontrollata e deregolamentata. La storia di Pamela è eloquente, l'uomo indagato per la sua morte non doveva essere nel territorio italiano, eppure...».

Cosa ci fa un senegalese tra i sovranisti?

«Sono arrivato dal Senegal che avevo appena due mesi e sono estremamente riconoscente al Paese che mi ha accolto, un Paese che amo e che rispetto a partire dalle sue regole. In fondo non ci trovo nulla di eccezionale, è tutto molto naturale: i miei ideali e l'amore per l'Italia mi spingono ad essere di destra».

Per Saviano, Grasso e Boldrini il «mandante morale» dei fatti di Macerata è Salvini. Secondo lei chi ha «armato» la mano dell'attentatore?

«La mano dell'attentatore è stata armata dall'attentatore stesso. Allora cosa dovremmo ribattere? Che i mandanti morali del brutale omicidio di Pamela sono tutti quelli che fanno propaganda immigrazionista? Così non si inquadra la radice del problema. Il nodo sta nella cattiva gestione dell'immigrazione e nell'illegalità».

Come dovrebbero reagire gli schieramenti politici?

«Responsabilmente. Abbassando i toni e rassicurando la popolazione, perché con queste accuse strumentali si rischia solo di arroventare ancor di più gli animi delle persone».

Cosa c'entra, se c'entra, il fascismo con quello che è accaduto?

«Io credo che il fascismo non c'entri nulla, è più un problema di estremizzazione in generale che di fascismo in senso stretto».

Il rimedio?

«Applicare le regole. Dobbiamo riprendere il controllo della società, solo così la gente non sarà più esasperata».

Cosa si sente di dire a chi vuole venire o è già arrivato nel nostro Paese?

«A chi è qui dico di vivere nella legalità onde evitare che si creino ripercussioni che sfocino in episodi di violenza.

E a chi non è partito dico di rimanere dov'è e di lottare per costruire un'Africa sovranista che possa dare un futuro alle generazioni che verranno».

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