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"La mia Napoli era tollerante. Ora è disonorata"

L'ex ministro critica chi ha impedito la manifestazione di Salvini: «Da sempre aperti a tutti»

"La mia Napoli era tollerante. Ora è disonorata"

«È un'anomalia nella storia della nostra città. Napoli è da sempre accogliente e tollerante». Paolo Cirino Pomicino politico di lungo corso che a Napoli ha anche esercitato la sua prima professione quella di medico al Cardarelli non riconosce la «sua» città, una casa sempre aperta a tutti, nelle proteste che si sono scatenate già al solo annuncio della visita del leader leghista.

Pomicino è normale quanto accaduto e che sia dovuto in intervenire il ministro dell'Interno Marco Minniti per garantire il diritto di Salvini a fare il suo intervento?

«Chi respinge Salvini e gli impedisce di parlare reca disonore a se stesso e a Napoli. Chi chiude la porta in faccia al diritto di parola fa un cattivo servizio alla storia della nostra città».

Sarebbe più utile protestare per la disoccupazione che sale o il taglio dei servizi sociali piuttosto che per impedire a Salvini di parlare?

«Napoli ha mille problemi da sempre ma questo non ci ha mai impedito di essere una città tollerante. Certo lo scontro politico c'è sempre stato. Ricordo quando ero ragazzino ci si confrontava tra monarchici e repubblicani e allora Napoli era ancora monarchica in un Paese di repubblicani ma è sempre stata una città generosa».

Perché accade?

«Bisogna dire la verità: la politica soffia da anni sull'intolleranza che negli ultimi vent'anni è cresciuta e gli effetti si vedono nella quotidianità. Basta vedere che cosa è successo qualche giorno fa al supermercato Esselunga di Milano dove un impiegato ha affisso un volantino con la richiesta di stare attenti ai truffatori napoletani. C'è stato un momento in cui tutto questo sembrava superato. All'inizio quando tanti meridionali sono emigrati al Nord ci sono stati momenti difficili ma poi si è arrivati alla coesione le resistenze erano cadute. Soprattutto in anni difficili, durante gli anni di piombo, il Paese ha saputo essere coeso. Poi invece è risalita l'ondata di intolleranza. Ho paura che siamo di nuovo caduti nell'epoca del tutti contro tutti».

Di chi è la responsabilità?

«Io credo nel primato della politica e quindi secondo me la responsabilità nel bene o nel male è sempre politica. Ci sono stati dei fenomeni importanti che hanno cambiato il volto della politica in Italia. La personalizzazione prima di tutto, il leaderismo: c'è un capo che ordina e la cancellazione del dibattito. E poi una selezione inefficace della classe dirigente e l'intolleranza che si diffonde a macchia d'olio».

Mi scusi ma sta dicendo che in qualche modo Salvini si doveva aspettare una reazione del genere o che l'ha cercata in qualche modo?

«No, dico che la città di Napoli doveva accogliere Salvini e lasciarlo parlare. In altra occasione però direi che l'insulto non deve mai essere la cifra della politica. Oltretutto i poteri dello Stato sono tre: esecutivo, legislativo e giudiziario. Se insulti i primi due non succede nulla invece se insulti un magistrato vai a processo. Non c'è equilibrio».

Ma lo scontro è una conseguenza inevitabile?

«Si sono persi i valori comuni e il terreno dello scontro politico si è spostato. Non c'è più una contrapposizione tra progressisti e conservatori ma popolo contro élite».

Colpa della crisi.

«L'egemonia del capitalismo finanziario ha messo in ginocchio la classe media in un sistema dove i quattrini servono solo a guadagnare altri quattrini e non per produrre beni e servizi.

Il capitalismo finanziario è il figlio drogato dell'economia di mercato e il paese si è sgretolato».

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