Mondo

Migranti, Merkel non cambia. Liberali e verdi alzano la posta

Angela lavora alla coalizione Giamaica, ma rincorre Schulz. E sui profughi si profila la battaglia più aspra

Migranti, Merkel non cambia. Liberali e verdi alzano la posta

Si fanno i conti e presto o tardi bisognerà farli tornare. La batosta per Angela Merkel c'è stata e lei stessa - appena chiuse le urne - lo ha ammesso. «Speravamo in risultati migliori». Otto punti in meno sono tanti, il suo quarto mandato sarà il più difficile, proprio a partire da questa coalizione che non sarà più Grosse ma forse Giamaica, dal nome dei colori dei tre partiti: nero, giallo e verde, proprio come la bandiera dell'isola delle Antille. La Cdu, i liberali della Fdp e i verdi. Una coabitazione quantomai difficile, dove Angela dovrà esercitare tutta la sua capacità di mediazione e di pazienza, i Verdi e la Fdp sono ai poli opposti dello spettro politico tedesco. Tanti gli argomenti di scontro: sulla politica fiscale, sull'energia, sull'Unione europea, sui migranti. Insomma, non argomenti da poco.

Doversi difendere, trovare alleati e pensare all'Europa saranno le costanti in un percorso variabile di salita. Stabilità è la parola d'ordine, quasi una chimera. È «importante», ha avvertito la Cancelliera, che la Germania abbia «un governo stabile. I colloqui devono continuare». Merkel oggi esibisce il suo volto migliore, quello dell'ottimismo, soprattutto sulle prospettive di formare una coalizione: «Ci sono dei colloqui in corso, non faccio anticipazioni, ma avranno successo». Già ieri ha battuto la strada sondata il giorno stesso delle elezioni: riprendere i contatti con i socialdemocratici anche se questi rifiutano di ricreare una «grande coalizione». «L'Unione cristiano sociale Cdu/Csu vuole cercare colloqui con i liberali della Fdp e i Verdi (Grünen), ma anche con i socialdemocratici dell'Spd», ha dovuto quasi giustificarsi Merkel dopo aver incontrato il suo partito. Sì perché domenica è arrivato il nein di Martin Schulz: «Abbiamo perso, non entreremo in un'altra alleanza con la Merkel».

Lei per ora ci spera ancora, ha capito la decisione dell'Spd ma «vuole restare in contatto». Merkel, che ha anche escluso nuove elezioni, non ha fornito la tempistica dei futuri colloqui per sondare i partiti con cui vuole formare una coalizione, anche se prevede «i primi colloqui prima del 15 ottobre», quando si terranno le elezioni nel Land della Bassa Sassonia. Il cammino di Angela appare complicato, nonostante l'Unione rimanga ancora il primo partito in Parlamento, risolvere il rebus per trovare una possibile alleanza si preannuncia difficile. Ci sono i liberali rigoristi di Fdp che frenano: «L'Fdp è pronto ad assumersi la responsabilità per una eventuale coalizione Giamaica ma vogliamo cambiare la direzione politica, altrimenti preferiamo i banchi dell'opposizione», ha dichiarato il leader, Christian Lindner, il giovane che li ha riportati in Parlamento. Anche Horst Seehofer, il presidente della Csu bavarese, tradizionale alleato della Cdu, vuole che l'esecutivo regionale si esprima se continuare l'alleanza con i «cugini» nel Bundestag. Seehofer si è detto egli stesso perplesso e ha chiesto un «chiarimento di contenuti» con la Cdu. «La Csu deve dimostrare di voler attuare le proprie promesse elettorali con tutte le conseguenze», ha spiegato Seehofer e ha preannunciato in futuro «un chiaro passo verso destra» delle politiche dei cristiano-sociali bavaresi, a cominciare da un numero massimo di ingressi per i rifugiati. E proprio sui rifugiati Angela non sembra voler mediare. Senza rimpianti la Merkel di oggi.

Sa bene che la scelta del 2015 di accogliere un milione di immigrati le ha fatto male. Molto male e che oggi è costretta a pagare il conto. Ma non tornerebbe indietro. «Sono cresciuta guardando un muro», aveva già spiegato all'indomani della scelta contestatissima. «Non voglio che ce ne siano altri in questa Europa». Impopolare e coraggiosa, folle per molti. Ma che oggi ancora rivendica con orgoglio, di aver semplicemente fatto quanto era giusto fare. «Non vedo come avremmo potuto fare diversamente. Ho ponderato bene il da farsi in campagna elettorale. Naturalmente, ha proseguito, mi è dispiaciuto molto e sono triste del fatto che molti deputati della Cdu/Csu non appartengano più al Bundestag». Il prezzo della rabbia lo spiegano bene i numeri. L'Unione Cdu/Csu ha perso più di 1,3 milioni di voti che sono andati ai liberali e un milione all'estrema destra di AfD.

Ma i risultati deludenti su questo argomento non sembrano scalfirla.

«L'Europa sarà tema centrale dei colloqui e io non cambierò politica sui migranti».

Commenti