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Mille moschee in Italia pagate da Stati stranieri

Dal Qatar all'Arabia: investiti decine di milioni Aprono al posto di aziende, uffici e anche chiese

Mille moschee in Italia pagate da Stati stranieri

Milioni per le moschee. Ed è subito sharia In nome del padre, del figlio e dell'Islam. La notizia esplode come una bomba il 25 ottobre 2018: i musulmani hanno comprato la chiesa di Bergamo e ne faranno una moschea. Laddove c'erano i frati cappuccini, ci sarà il Corano. Al posto dei santi, l'insegnamento di Maometto. Al posto delle beatitudini, la sharia. Ite, missa est, ma per sempre però. La prossima benedizione ve la darà l'imam. Che cosa è successo? Semplice: la Regione Lombardia ha messo all'asta la chiesa annessa all'ospedale. E chi ha vinto? Gli islamici, che da tempo cercavano lo spazio per un secondo luogo di culto in città. Hanno offerto sull'unghia 450.000 euro, cioè quasi il 10 per cento in più del prezzo richiesto. Una somma che pochi altri, di questi tempi, possono permettersi. Aiuti esterni? Soldi dei Paesi arabi? Fondi sauditi o qatarini? Non è dato sapere, perché l'operazione non si è fatta. Il governatore della Lombardia Attilio Fontana, infatti, è intervenuto per bloccare la vendita: sarebbe stata una beffa per la Regione, che aveva appena approvato norme antimoschee Ma la notizia choc della chiesa di Bergamo che rischia di passare ad Allah ha dato una scossa all'Italia sonnecchiante. E ha riacceso la luce sulla penetrazione dolce e silenziosa dell'Islam.

I centri di culto musulmani, infatti, si sono moltiplicati sul nostro territorio: soltanto il Qatar, attraverso la Qatar Charity Foundation, fra il 2013 e il 2016 ne ha finanziati 43 con un investimento di 25 milioni di euro. Due milioni e mezzo per piantare le tende in mezza Sicilia (Catania, Palermo, Modica, Barcellona Pozzo di Gotto, Mazara del Vallo, Donnafugata, Scicli, Vittoria). Ottocentomila euro per finanziare la maximoschea di Ravenna, quella specializzata nella produzione di foreign fighters per la Siria o l'Iraq. E altri soldi per Colle Val d'Elsa, Piacenza, Vicenza, Saronno e nel resto d'Italia, dove i pulpiti del Corano sono nati come funghi fino a raggiungere (ultimo censimento disponibile) quota 1251. Dopo il terremoto in Emilia del 2012, per esempio, sapete qual è stato il primo luogo di culto a riaprire nelle zone colpite dal sisma? La moschea di Mirandola. Proprio con i soldi del Qatar. Prima che i cristiani si muovessero per recuperare le loro chiese, gli islamici avevano già in tasca mezzo milione di euro. E hanno finito i lavori in un amen (se si può ancora dire amen).

Quattro milioni sull'unghia sono arrivati invece dal Qatar per comprare l'ex mobilificio Gaggioli, in piazza delle Camelie a Roma, che dovrebbe diventare la nuova sede della seconda moschea più grande della capitale, quella di Centocelle, a tutt'oggi ficcata in un garage non proprio confortevole e di tanto in tanto anche chiuso per ragioni di sicurezza. Negli ultimi tempi, però, pare che i rubinetti d'oro del Qatar si siano un po' chiusi per le moschee italiane.

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Ma intanto si fanno avanti nuovi finanziatori: il Marocco, la Turchia e soprattutto l'Arabia Saudita, che ha appena varato una specie di «piano Marshall» per diffondere Maometto in Occidente. Ad annunciarlo, il segretario della Lega musulmana mondiale, Muhammad Bin Abdul Karim Al Issa, che nel giugno 2018 si è concesso non a caso un viaggio in Italia. Prima tappa: Sesto Fiorentino, dove sorgerà una nuova e grande moschea. E sapete chi è stato a vendere i terreni per costruire la nuova e grande moschea di Sesto Fiorentino? La curia diocesana. Avete capito bene: il vescovo cattolico. La Chiesa sacra e romana. Ha ceduto i terreni per la moschea. E così sia, in nome di Allah. A Bologna, invece, è stato il Comune a cedere il terreno per la moschea: prima glielo affittava (con un piccolo sconto sul prezzo: il 91,3 per cento in meno del previsto), poi glielo ha concesso in uso gratuito per 99 anni con la possibilità di costruirci sopra altri 7000 metri cubi di cemento. Che cosa non si fa per compiacere l'Islam, vero? È stata stoppata, invece, la costruzione della moschea di Umbertide, in Umbria: dopo che la Lega ha denunciato «poca trasparenza sui fondi», si è accesa una battaglia legale. «Ma il processo di apertura di nuovi centri nel resto d'Italia non si ferma, siamo solo all'inizio» avverte Magdi Allam. «Guardate che cosa sta succedendo nel resto d'Europa.» Infatti nel resto d'Europa, da Manchester alla Loira, da Dublino ad Amsterdam, negli ultimi anni decine e decine di edifici cristiani si sono trasformati, uno dopo l'altro, in moschee. E così torniamo a Bergamo e a quella notizia choc. La chiesa che diventa moschea. Era già successo, per la verità. Il precedente più illustre è a Palermo: dal 1990 la moschea cittadina si trova nella chiesa sconsacrata di San Paolino, costruita nel 1500 e dedicata al patrono dei campanari. Poi sono diventate centri di culto islamico anche una chiesetta evangelica di Agrigento e una chiesetta anglicana di Lunetta, in provincia di Mantova. Nulla rispetto al fenomeno registrato all'estero, ma già abbastanza per impressionare. Tutto ciò, infatti, ha un valore simbolico fortissimo, così come hanno un valore simbolico fortissimo il seminario vescovile di Asti che diventa un centro di accoglienza per immigrati, gli oratori delle parrocchie che accolgono le celebrazioni del ramadan o i parroci come quello di San Gonzaga, ancora a Palermo, che rivendicano il diritto di mettere al posto dell'altare un gruppo di tunisini appena sbarcati in Italia, proclamando il nuovo messale: andate in pace, in nome di Mustafà.

Dialogo? Condivisione? Multiculturalismo? Non scherziamo. «Quello che sta accadendo» ha scritto nel suo ultimo libro Bernard Lewis «è il terzo tentativo dei musulmani di realizzare la missione divina di portare la verità di Dio a tutta l'umanità. Questa volta non sarà tramite l'invasione e la conquista, ma tramite l'immigrazione e la demografia.»

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E poi, sullo sfondo, come un macigno, resta sempre il dubbio espresso dal professor Orsini a proposito delle università: il dialogo è possibile, l'apertura può essere positiva, ma per non esporci a rischi dobbiamo avere un'identità forte. E mi chiedo che identità forte possa avere questo Paese, in cui a scuola si proibiscono le canzoncine su Gesù, in cui ci si vergogna delle croci, in cui si nascondono nei cessi i quadri della Madonna, in cui si coprono le statue dei musei capitolini (la nostra storia, la nostra cultura) per non disturbare l'ospite islamico. Mi domando come possa un Paese che rinnega così le tradizioni, che è così fragile e incerto nella sua identità, affrontare l'avanzata robusta dell'Islam. Che prima ci porta via la nostra economia, poi ci porta via la nostra anima. Forse perché quest'ultima è già perduta. Ed è perciò, in effetti, che siamo così deboli: se si tagliano le radici, nessuna pianta resta in piedi.

Basta un soffio di vento, ed è subito sharia.

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