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Minacce a Conte, messo sotto tutela. La pista di una "vendetta" juventina

Indaga la Procura di Milano, cartuccia inviata al Ris di Parma

Minacce a Conte, messo sotto tutela. La pista di una "vendetta" juventina

Milano - Non è un proiettile da pistola, un calibro 9 parabellum o un'altra pallottola difficile da trovare. È una cartuccia inesplosa da caccia, di facile reperibilità. Ma comunque è la prima volta che un allenatore della serie A di calcio si vede recapitare un messaggio di morte così esplicito. E che allenatore: Antonio Conte, ex mister della Juventus ed ex ct della Nazionale, approdato all'inizio di questa stagione sulla panchina dell'Inter. Ed è alla sede dell'Inter che è arrivata nei giorni scorsi la busta che ha fatto scattare l'allarme rosso nello staff di sicurezza del club nerazzurro e subito dopo in Procura e alla Digos. Da venerdì Conte è un obiettivo sensibile, la sua casa è tutelata da un servizio di controllo periodico delle forze dell'ordine, a riprova della serietà che gli inquirenti attribuiscono alla minaccia contenuta nella lettera anonima.

La lettera, assicura chi ha avuto modo di leggerla, è estremamente brutale e le minacce sono esplicite. Le piste su cui si indaga possono essere molteplici: dalle frange malavitose della curva dell'Inter, ai clan del calcioscommesse, al gesto di un pazzo sconsiderato. Ma delle diverse ipotesi sul tappeto la più verosimile, suffragata anche da alcuni passaggi della lettera, è che a mettere Conte nel mirino sia stata proprio la sua decisione di accettare l'offerta dell'Inter. È noto come i rapporti tra le sue società e le rispettive tifoserie siano da sempre tempestosi e che la aggiudicazione al club milanese dello scudetto 2006 in seguito allo scandalo di Calciopoli abbia scavato un fossato ancora più insuperabile tra i due universi. Vedere Conte sulla panchina dell'Inter potrebbe dunque essere sembrato a qualche bianconero esagitato un tradimento bello e buono. L'avvisaglia, d'altronde, si era già avuta in occasione dell'incontro di campionato dell'ottobre scorso a San Siro tra l'Inter e la Juve. Conte si era trovato in panchina contro la sua ex squadra, il club di cui era stato bandiera e capitano e che da allenatore aveva portato al record dei tre scudetti consecutivi. La curva bianconera non glielo aveva perdonato e dopo il gol di Higuain che all'80° aveva dato la vittoria alla Juve, dagli ultrà torinesi era partito il coro beffardo all'indirizzo dell'allenatore interista «Antonio Conte salta con noi». Nessuno poteva però immaginare che ci si potesse spingere a tanto. Eppure la pista della vendetta ultrà è suffragata da più di un elemento. Il primo, il più cospicuo, è la presenza nella curva bianconera di robuste presenze criminali messe in evidenza dall'indagine «Alto Piemonte» e mai del tutto estirpate: lì in mezzo, insomma, c'è gente in grado di partorire un'idea simile. Il secondo è che l'altra spiegazione immediata, ovvero un avvertimento a Conte da parte della curva interista (anch'essa infiltrata dai clan) sarebbe inspiegabile, visto l'appoggio pieno che dalla Nord è arrivato fin dalla prima giornata al nuovo mister, popolare tra gli ultrà anche dalla fermezza con cui ha condiviso la cacciata di Mauro Icardi, da sempre inviso alla curva. Nei prossimi giorni il pm Alberto Nobili interrogherà Conte. Nel frattempo, la cartuccia è stata inviata al Ris di Parma per analizzare impronte e tracce biologiche.

Gli inquirenti, insomma, non prendano sottogamba la vicenda.

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