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Minacce di Isis e hacker: ombre sulle urne francesi

Rubate email allo staff di Macron. Le autorità ai media: «Non divulgate». Allerta ai seggi per il voto

Minacce di Isis e hacker: ombre sulle urne francesi

V igilia di paura sul voto francese, tra minacce dell'Isis ed email rubate. Parigi prova a ignorare l'appello dello Stato islamico a bruciare seggi e uccidere i candidati rivolto ai lupi solitari, musulmani francesi difficili da individuare, ammette il ministero dell'Interno che parla di circa 12mila radicalizzati. Alcuni sotto stretta sorveglianza. Altri potenzialmente sconosciuti potrebbero perfino andare a votare. Assieme all'invito incendiario dell'Isis, venerdì notte c'è stato l'attacco informatico al candidato favorito per l'Eliseo. Al punto che la commissione nazionale di controllo della campagna 2017 si spinge a dire che «in gioco c'è la libertà d'espressione del suffragio e la legalità dello scrutinio».

Emmanuel Macron, leader di un polo di centro-sinistra, liberal ed europeista, non ha fatto in tempo a definire l'azione «coordinata» e con l'obiettivo di «destabilizzare le elezioni presidenziali». Era già scattato il silenzio elettorale, alla mezzanotte, quando email, documenti contabili e contratti dalla campagna del candidato di En Marche! circolavano in rete. Ci ha pensato poco dopo un comunicato del suo movimento a chiarire: si tratta di file «ottenuti parecchie settimane fa da hacker in caselle di posta private e pubbliche» inviati in forma anonima su una piattaforma di condivisione. Un attacco «massiccio e coordinato» che ha portato alla diffusione di «informazioni interne»: WikiLeaks parla di 9 giga di email e foto con data ultima 29 aprile.

L'utente che ha pubblicato il tutto si firma EmLeaks. Di lui (o lei) si sa poco o nulla. Al quartier generale di En Marche! ipotizzano solo che l'azione possa essere partita dagli Stati Uniti. Da un gruppo di estrema destra al presunto servizio della Russia, cioè un Paese su cui lo staff di En Marche! si era già interrogato, arrivando perfino a negare provvisoriamente l'accesso in sala stampa a due giornalisti dopo i «reiterati» attacchi informatici denunciati a febbraio. In una campagna presidenziale al limite del surreale, En Marche! spiega che «prenderà tutte le iniziative necessarie, pubbliche e private», per depurare la rete e fare chiarezza sui responsabili. Si fanno timidi riferimenti alle azioni di pirateria contro Hillary Clinton alle recenti presidenziali Usa, mentre il vicepresidente del Front National, Florian Philippot, su Twitter si chiede: «I ##macronleaks insegneranno cose deliberatamente uccise dal giornalismo investigativo?». I documenti mostrano la messa a punto della corsa all'Eliseo di Macron. Nulla di trascendentale. Ma avrebbero mescolato dati autentici con falsi per seminare «dubbi e disinformazione», sostengono da En Marche!. La commissione nazionale di controllo della campagna 2017 chiede ai media di non divulgare nulla di quanto è già apparso in rete e sui social, mentre il presidente uscente François Hollande ammette che «sapevamo di rischi di questo genere» e promette di non lasciare impuniti i responsabili.

Parigi, blindata ma serena con un record di iscritti nelle liste elettorali, vanta il 100% dei seggi sorvegliati. Non era stato così al primo turno. Ma la sicurezza ha un costo: 250mila euro per la sola vigilanza privata. Non bastano infatti polizia e gendarmi per coprire tutti gli 896 seggi di Parigi che oggi ospiteranno un voto ad alta tensione. Il Comune si è dunque affidato a 1.300 guardie private; presidenti di seggio muniti di filo diretto con la prefettura e militari dell'operazione Sentinelle all'ingresso di ogni scuola faranno il resto.

Più tremila agenti di polizia municipale impegnati nel piano anti-terrore per convincere oltre 1 milione e 300 mila «parigini» a vincere la paura.

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