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Il miracolo di Marine: ora ha le carte per l'Eliseo

Dopo un anno di guai giudiziari, la figlia d'arte è riuscita ha cambiare il dna del partito La faida con il padre e fondatore Jean-Marie che guasta la festa con un tweet antisemita

«Mi vergogno che porti il mio nome. Sposati e potrai perderlo il più velocemente possibile e alleggerire la mia coscienza». Spietato e rancoroso. Così parlava Jean-Marie Le Pen, il fondatore del Front National, rivolgendosi direttamente alla figlia Marine, lo scorso maggio, attraverso i microfoni di Europe 1. È anche per questo che la storica affermazione del FN alle regionali di ieri in Francia rappresenta per Marine la vittoria più difficile, quella sull'eredità politica dell'estrema destra. Un traguardo strappato dopo una guerra interna logorante, combattuta anche all'interno della famiglia Le Pen, che del Front National è insieme le fondamenta, la bandiera e il marchio di garanzia.Classe 1968, erede naturale di un padre che non perde occasione di ricordare la nostalgia per il regime filo-nazista di Vichy, Marine ha vissuto nell'ultimo anno (su sei da quando è leader) il miglior momento politico che il FN ricordi dal 1972, anno della fondazione, e insieme anche il periodo più tormentato dal punto di vista politico, giudiziario e personale. A ottobre la dama dell'ultradestra finisce davanti ai giudici di Lione per «incitamento alla violenza e all'odio contro un gruppo di persone a causa della loro fede religiosa». Sotto accusa per le dichiarazioni del 2010, quando parlò di «occupazione» a proposito dei musulmani che pregavano per le strade di Francia, Marine uscirà indenne dal processo dopo che la Procura ne ha chiesto il proscioglimento. «Sono vittima di una persecuzione giudiziaria», dice lei fuori dal tribunale. E contrattacca: «Siamo a un mese dalle elezioni regionali e questa storia risale a cinque anni fa. Non si poteva aspettare?».L'episodio è uno di una serie che vede il FN guadagnare consensi nell'opinione pubblica mentre vive in tribunale e in famiglia uno scontro logorante più per Marine, che intanto si trova sotto i riflettori, che per il padre Jean-Marie, che sotto i riflettori torna di prepotenza dall'alto dei suoi 87 anni. Ad aprile il partito finisce sotto inchiesta per finanziamento illecito della campagna per le presidenziali 2012, la stessa per la quale anche Sarkozy è da tempo nel mirino dei magistrati. L'indagine è un altro guaio giudiziario che emerge nel pieno della faida tra padre e figlia. A maggio Marine compie il passo più difficile: sospende il padre dal ruolo di presidente onorario per le dichiarazioni al settimanale dell'estrema destra Rivarol, in cui Jean-Marie rimpiange il maresciallo Petain che collaborò con i nazisti e lo fa dopo aver ribadito che le camere a gas furono «un dettaglio» della Storia. È qui che tra i due si consuma la rottura più dolorosa, un passo che rappresenta l'emancipazione politica e personale della figlia d'arte Marine dal fondatore Jean-Marie. È il patricidio. Ed è proprio «l'uccisione politica» del padre che oggi, alla luce dell'ennesimo successo elettorale del Front, si può leggere come la vera grande vittoria della «bionda» di Francia. «Siamo due dirigenti politici chiaramente in conflitto - dice lei in un'intervista al Giornale lo scorso luglio, quando ammette che di mezzo c'è «una forma di gelosia», personale e politica -. Lui non è più solo in conflitto con me ma con l'intero partito, a cui cerca di nuocere in tutti i modi. È una fine di carriera deprecabile. Ma è colpa sua». A luglio provvedono i giudici a reintegrare papà Le Pen nel FN. Ma a questo punto è evidente che Marine vuole liberare il Front dal marchio di infamia che suo padre, per vocazione e spirito di provocazione, ha affibbiato al partito, permeato di razzismo e antisemitismo. Ieri lui le ha rovinato la festa postando su Twitter, a scrutinio aperto, un video in cui mostra il candidato perdente del centrodestra in Paca, Christian Estrosi, mentre balla con ebrei e rabbini. «Buon viso a cattivo gioco», scrive il fondatore. Ma Marine vuole un movimento nazionalista che punti al governo e non scivoli nel pantano dell'odio razziale.

Ora ha le carte per puntare all'Eliseo.

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