Ponte crollato a Genova

Mister Fincantieri pronto a rifare il ponte Così Bono ha sedotto i grillini duri e puri

Il boiardo già vicino ad Amato coglie l'occasione per puntare alla riconferma

Mister Fincantieri  pronto a rifare  il ponte Così Bono  ha sedotto  i grillini duri e puri

Il ponte Morandi di Genova sarà ricostruito da Fincantieri, «l'Airbus dei mari». Un'azienda di Stato che più pubblica di così non si può. E non solo perché a controllarla è l'ormai onnipresente Cassa depositi e presiti (tramite Fintecna ha il 71,6%), braccio operativo del Tesoro ed emanazione del governo di turno: in questo caso, quello giallo-verde che ha appena nominato Fabrizio Palermo come ad. Ma anche perché alla guida della storica società di cantieristica italiana siede, dal 2002, Giuseppe Bono, boiardo di Stato d'altri tempi che ha saputo attraversare indenne una decina di governi mantenendo postazioni di primissimo piano nelle aziende pubbliche (da Efim a Finmeccanica). E che, ora, anche grazie a questa nuova mission, potrebbe avere acquistato punti utili per essere riconfermato ai vertici del gruppo riuscendo a sedurre anche «i duri e puri» del Movimento cinque stelle che di uomini come Bono fino a poco tempo fa non volevano neppure sentir parlare.

Nel 2019 scade il suo quarto mandato e la «partita Morandi» potrebbe essere per lui un'importante assicurazione per il futuro. D'altra parte Giuseppe Bono, detto Peppino, alla soglia dei 75 anni, sa come muoversi: a una settimana dalla tragedia di Genova si è presentato sul posto e ha annunciato, prima ancora che gli fosse chiesto, che «Fincantieri era in grado di ricostruire il ponte». Detto, (quasi) fatto. Il vicepremier Luigi Di Maio si è infatti dichiarato d'accordo

Per altro, si può dire che Fincantieri - quella di oggi - è una creatura di Bono. Proprio grazie alle sue cure, la società triestina è tornata all'utile nel 2016 (14 milioni a fronte di una perdita di 289 milioni del 2015), si è quotata in Borsa nel 2014, ed è oggi tra i leader europei della cantieristica navale. Grazie a un attento riposizionamento industriale fatto di acquisizioni in settori strategici (come quello di Stx France, proprietaria dei cantieri di Saint-Nazaire), Fincantieri viene definita oggi l'Airbus dei mari: ha prodotto navi leggendarie, da quelle da crociera a quelle militari. Ma cosa centrano le navi con i ponti?

Fincantieri evoca una storia di siderurgia navale ma in pochi sanno che fa anche ponti, stadi e grattacieli. Per questo Bono dice che Fincantieri «ha tutte le conoscenze per costruire un'opera del genere». Il simbolo più importante (ma anche dimenticato) di questa storia è uno dei più grandi ponti in ferro del mondo, sulle Ande argentine, il viadotto La Polverilla che fu costruito negli anni Venti. E non solo. Oggi la società sta costruendo quattro ponti in Belgio per il consorzio Thv. E proprio per questo tipo di commesse, nel 2017, è nata Fincantieri Infrastructure, con sede a Verona. Che poi sia l'azienda statale più titolata a intervenire sul ponte Morandi solo il tempo lo potrà dire. Certo, Bono non ha perso tempo e la sua candidatura ha bruciato tutti rivelando molto del suo carattere. Calabrese di Pizzoni, è uomo tenace e determinato. Infatti ha saputo imporre Fincantieri come la scelta più naturale per Genova.

Un impegno per il quale la società scenderà in campo al fianco della Cdp guidata da quel Palermo fresco di nomina pentastellata ed ex Fincantieri. Scoperto di fatto da Bono, Palermo era il suo braccio destro e ora si ritrova paradossalmente a controllare il suo operato. Fonti romane dicono che «se l'accoppiata Bono-Palermo sarà funzionale al progetto, d'altro canto la vicina scadenza di mandato e il nuovo ruolo di Palermo potrebbero anche scatenare più di un malumore».

Legato a Giuliano Amato e attraverso lui a Enrico Letta (ma pure a Gianni Letta e Luigi Bisignani), Bono ha avuto una sponda in Claudio Scajola (che lo chiamò in Fincantieri) e un asse con Matteo Renzi, Luca Lotti e Maria Elena Boschi.

E se oggi è nelle grazie del sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Giancarlo Giorgetti, potrebbe trovare nel suo «figliol prodigo» alla Cdp l'ostacolo maggiore alla riconferma.

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