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Il mondo contro Kim. Solo l'amica Cina tace sulla bomba H

Il test nucleare nordcoreano sembra quasi un avvertimento in codice a Pechino. Pronte nuove sanzioni delle Nazioni Unite

Il mondo contro Kim. Solo l'amica Cina tace sulla bomba H

C'è qualcosa qualcosa di sotterraneo, di oscuro, di ancor più profondo della quota scelta per far esplodere l'ordigno confezionato dagli Stranamore del disinvolto dittatore nord coreano - dietro l'improvvisa decisione di Pyongyang di sfidare il mondo intero. Qualcosa che rimanda, secondo molti analisti americani e giapponesi che seguono gli avvenimenti di quello scacchiere, a un raffreddamento nei rapporti tra Washington e Pechino. Come se la bomba fosse la conseguenza, non la causa; il riflesso, non la motivazione di una altrettanto sotterranea distonia in atto tra Stati Uniti e Cina. Una sorta di messaggio in codice, in stile mafioso, dove A vuol far intendere una cosa a C e lo fa servendosi di B, dove A è la Cina, appunto, e B il baby terrorista coreano con la faccia di gomma e gli occhi a mandorla.Fantascienza? Può darsi. Ma davvero si può credere che Kim Jong-un e i suoi generali abbiano deciso di far esplodere il loro mammatrone nucleare senza che a Pechino ne sapessero nulla? E che fine hanno fatto le garanzie fornite da Pechino a Obama per il controllo delle mosse nordcoreane? Sono sempre stati i cinesi, in tutti i negoziati tra Usa e Corea del Nord che hanno portato a quel po' di disgelo registrato negli ultimi anni, a far da garanti, da «traduttori» dei reciproci interessi. E non poteva essere diversamente, visto che se mangiano, Kim Jong-un e i suoi 25 milioni di sudditi, lo devono al riso cinese. Senza il quale, in capo a tre giorni, i nord coreani sarebbero alla canna del gas e col cappello in mano. Uno strumento di pressione formidabile, si converrà, nelle mani di Pechino. Difficile pensare a colpi di testa di questa portata, a Pyongyang, senza che il «benefattore» cinese ne sappia alcunché.Il giorno dopo, mentre l'Onu prepapa nuove sanzioni con l'accordo di Russia e Stati Uniti e questi ultimi parlano di «comportamento incosciente», tre aerei spia americani sono decollati dall'isola di Okinawa diretti verso i cieli nordcoreani. Con quale esatta missione non è stato detto. Ma non si andrà molto lontano dal vero ipotizzando che i tre apparecchi, dotati delle più sofisticate trappole elettroniche, siano a caccia di informazioni, come cani da caccia sull'usta della Bomba, per capire di che ordigno si sia trattato. Il resto è affidato al solito prudente minuetto diplomatico, in cui il presidente Obama, facendo la faccia feroce di circostanza, chiama la presidente della Corea del Sud, Park Geun Hye e il premier giapponese Shinzo Abe riaffermando l'«irremovibile impegno» degli Usa per la sicurezza dei due Paesi e sottolineando la necessità di «una risposta internazionale forte e unitaria al comportamento incosciente della Corea del Nord». Frasi di circostanza, che non bastano a nascondere la sorpresa e l'incertezza dell'amministrazione americana di fronte all'«ennesima violazione degli obblighi e impegni di Pyongyang assunti sulla base del diritto internazionale dice il presidente Obama - compresi quelli contenuti in diverse risoluzioni delle Nazioni Unite». Belle parole sono venute anche dal Segretario di Stato americano John Kerry, che ha parlato con i ministri degli Esteri sudcoreano e giapponese ribadendo la necessità di lavorare «a una risposta unitaria a livello internazionale alle provocazioni della Corea del Nord». Il che, tradotto, significa inasprimento delle sanzioni. Indignata, naturalmente, la reazione della Corea del Sud, che condanna fermamente eccetera e chiede il rispetto delle risoluzioni dell'Onu che impongono a Pyongyang lo smantellamento completo e totale dei suoi programmi nucleari e missilistici. E Pechino? Non pervenuto.

Un silenzio da gatto di marmo che avalla quello scenario di cui parlavamo all'inizio, qualche riga fa.

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