Il mondo contro Kim. Solo l'amica Cina tace sulla bomba H
8 Gennaio 2016 - 08:33Il test nucleare nordcoreano sembra quasi un avvertimento in codice a Pechino. Pronte nuove sanzioni delle Nazioni Unite
C'è qualcosa qualcosa di sotterraneo, di oscuro, di ancor più profondo della quota scelta per far esplodere l'ordigno confezionato dagli Stranamore del disinvolto dittatore nord coreano - dietro l'improvvisa decisione di Pyongyang di sfidare il mondo intero. Qualcosa che rimanda, secondo molti analisti americani e giapponesi che seguono gli avvenimenti di quello scacchiere, a un raffreddamento nei rapporti tra Washington e Pechino. Come se la bomba fosse la conseguenza, non la causa; il riflesso, non la motivazione di una altrettanto sotterranea distonia in atto tra Stati Uniti e Cina. Una sorta di messaggio in codice, in stile mafioso, dove A vuol far intendere una cosa a C e lo fa servendosi di B, dove A è la Cina, appunto, e B il baby terrorista coreano con la faccia di gomma e gli occhi a mandorla.Fantascienza? Può darsi. Ma davvero si può credere che Kim Jong-un e i suoi generali abbiano deciso di far esplodere il loro mammatrone nucleare senza che a Pechino ne sapessero nulla? E che fine hanno fatto le garanzie fornite da Pechino a Obama per il controllo delle mosse nordcoreane? Sono sempre stati i cinesi, in tutti i negoziati tra Usa e Corea del Nord che hanno portato a quel po' di disgelo registrato negli ultimi anni, a far da garanti, da «traduttori» dei reciproci interessi. E non poteva essere diversamente, visto che se mangiano, Kim Jong-un e i suoi 25 milioni di sudditi, lo devono al riso cinese. Senza il quale, in capo a tre giorni, i nord coreani sarebbero alla canna del gas e col cappello in mano. Uno strumento di pressione formidabile, si converrà, nelle mani di Pechino. Difficile pensare a colpi di testa di questa portata, a Pyongyang, senza che il «benefattore» cinese ne sappia alcunché.Il giorno dopo, mentre l'Onu prepapa nuove sanzioni con l'accordo di Russia e Stati Uniti e questi ultimi parlano di «comportamento incosciente», tre aerei spia americani sono decollati dall'isola di Okinawa diretti verso i cieli nordcoreani. Con quale esatta missione non è stato detto. Ma non si andrà molto lontano dal vero ipotizzando che i tre apparecchi, dotati delle più sofisticate trappole elettroniche, siano a caccia di informazioni, come cani da caccia sull'usta della Bomba, per capire di che ordigno si sia trattato. Il resto è affidato al solito prudente minuetto diplomatico, in cui il presidente Obama, facendo la faccia feroce di circostanza, chiama la presidente della Corea del Sud, Park Geun Hye e il premier giapponese Shinzo Abe riaffermando l'«irremovibile impegno» degli Usa per la sicurezza dei due Paesi e sottolineando la necessità di «una risposta internazionale forte e unitaria al comportamento incosciente della Corea del Nord». Frasi di circostanza, che non bastano a nascondere la sorpresa e l'incertezza dell'amministrazione americana di fronte all'«ennesima violazione degli obblighi e impegni di Pyongyang assunti sulla base del diritto internazionale dice il presidente Obama - compresi quelli contenuti in diverse risoluzioni delle Nazioni Unite». Belle parole sono venute anche dal Segretario di Stato americano John Kerry, che ha parlato con i ministri degli Esteri sudcoreano e giapponese ribadendo la necessità di lavorare «a una risposta unitaria a livello internazionale alle provocazioni della Corea del Nord». Il che, tradotto, significa inasprimento delle sanzioni. Indignata, naturalmente, la reazione della Corea del Sud, che condanna fermamente eccetera e chiede il rispetto delle risoluzioni dell'Onu che impongono a Pyongyang lo smantellamento completo e totale dei suoi programmi nucleari e missilistici. E Pechino? Non pervenuto.
Un silenzio da gatto di marmo che avalla quello scenario di cui parlavamo all'inizio, qualche riga fa.