Politica

«Ma la montagna è insidiosa per tutti»

Lo scrittore: «Mai essere spavaldi, l'imprevisto è sempre in agguato»

Eleonora Barbieri

La regola non scritta della montagna è: «L'alpinista vero è quello che porta a casa la pelle». Matteo Righetto, scrittore di montagne che ama la montagna (e la pratica anche, «ad alti livelli», pur non considerandosi un alpinista), chiarisce: «L'alpinista vero è quello che sa quando è ora di fermarsi». Matteo Righetto, il rischio non è parte del fascino di uno sport rischioso? «Mai corro dei rischi per il gusto dell'adrenalina, per poter dire che ce l'ho fatta. Certo, il coraggio è il superamento del limite, per vincere la sfida con te stesso e dire: sono stato lassù, ho fatto quella via, ho percorso tanti chilometri... Ma sempre nei limiti della consapevolezza». La distinzione è tra coraggio e spavalderia: «L'alpinista vero è coraggioso, non spavaldo: deve avere la consapevolezza del confine, di quando fermarsi, al netto dell'incidente nudo e crudo, dell'imprevisto».

La montagna è la passione di Matteo Righetto, al centro dei suoi romanzi, come La pelle dell'orso (Guanda), da cui è stato tratto il film omonimo con Marco Paolini e come Apri gli occhi (Tea), storia dell'ascesa su una vetta da parte di una coppia, che ha vinto il premio Cortina d'Ampezzo e ricevuto una menzione speciale al premio Rigoni Stern. Insomma la montagna è il suo mondo e lui, dice, sa di essere un po' «scorretto» (politicamente...) perché, «al di là del dispiacere» per le tragedie di ieri, l'accento secondo lui va posto «sul fatto che a volte si osi troppo». «Ho una visione quasi mistica: avvicinarsi alla Natura, come la grande montagna, il grande mare, la grande foresta richiede rispetto. Bisogna sentirsi piccoli piccoli. Invece c'è tanta arroganza da tempi grillini, e c'è anche tanto dilettantismo».

Quello che colpisce, come nei due incidenti di ieri, è che la montagna sia «insidiosa per chiunque, anche per i provetti»: «L'imprevisto è in agguato, chi frequenta la montagna lo sa. Quando si parla di 8.000 metri o di alpinisti importanti viene messo in conto, fa parte del rischio, come per qualunque sport impegnativo, o estremo». Dice però, Righetto, che «la montagna non ha mai colpe». Quei titoli sulla «montagna assassina»... «A volte le persone sono sprovvedute; oppure i più esperti si dimenticano di essere esperti, e si permettono cose da dilettanti».

Succede perché «l'egocentrismo, la dimestichezza, l'autonomia sono a un tale livello che si sottovalutano i rischi. Ma la montagna e la natura non perdonano. E qualche volta la fanno pagare». Specialmente a chi non ha «la cultura della montagna, e il rispetto»: «Durante una ferrata vedo montanari della domenica con le sneaker, oppure gente che fa le camminate in ciabatte, con le Crocs». Bisogna rifarsi alle leggi di Carlo M. Cipolla: «Ci sono rischi, ma il rischio maggiore è quello della stupidità umana».

Poi «ci si carica il rischio e la consapevolezza nello zaino e si va avanti, perché la montagna è una passione».

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