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Morale a "targhe alterne" in casa Pd: Di Stefano si candidò da indagato

Sapeva di essere sotto inchiesta quando entrò in lista. Primo dei non eletti, è entrato a Montecitorio in modo fortunoso

Morale a "targhe alterne" in casa Pd: Di Stefano si candidò da indagato

Emergono nuovi dettagli interessanti sul conto di Marco Di Stefano, deputato del Pd. Il suo nome venne iscritto nel registro degli indagati, per corruzione, nel 2012. Accusato di corruzione, secondo gli inquirenti si sarebbe messo in tasca una tangente da 1,8 milioni di euro per garantire affitti d'oro ai costruttori Pulcini. Nel febbraio 2013 gli uomini della Gdf gli perquisiscono casa e ufficio per cercare eventuali prove. Pochi mesi dopo entra in parlamento, pur non avendocela fatta in un primo momento. Era risultato primo dei non eletti. Ma la "fortunosa" circostanza dell'incarico di Marta Leoni nella giunta Marino, gli aveva aperto le porte di Montecitorio. E così aveva placato la propria rabbia nei confronti del partito. Pochi mesi prima se l'era presa a morte per come erano andate le primarie: in una telefonata (intercettata) aveva minacciato fuoco e fiamme, prendendosela prima di tutto con Zingaretti (presidente della Regione Lazio, ndr) e dicendo di essere pronto a "far scoppiare la guerra nucleare a cominciare da Zingaretti", puntando il dito contro "i maiali che mi hanno fatto fare le primarie con gli imbrogli". Un fiume in piena Di Stefano. Che dopo aver ottenuto ciò che voleva (pretendeva) ha messo da parte il ricorso contro le primarie del Pd.

Ora, però, emerge chiaramente che sapeva di essere sotto inchiesta per corruzione quando entrò in lista come candidato. E quindi era impossibile che non sapesse del procedimento a suo carico. Lui, in un'intervista a La7, è tornato a smentire le contestazioni a proprio carico ripetendo quanto aveva già detto al momento dell'autosospensione dal partito: non ho preso un euro.

Come sottolinea il Messaggero Di Stefano già una volta era stato silurato, nella Regione Lazio, poi però si era rialzato ottenendo un'altra poltrona.

Renziano dell'ultima ora, in passato lettiano, veltroniano e, prima ancora, membro dell'Udc e dell'Udeur, Di Stefano ha sempre saputo zigzagare bene nei palazzi della politica, scalando posizioni e sgomitando con energia per ottenere ciò che voleva. Anche a costo di violare le regole del suo stesso partito.

Scomparso il suo collaboratore: indagini per omicidio

La procura di Roma procede per omicidio volontario per la sparizione di Alfredo Guagnelli, ex braccio destro di Di Stefano. Gli accertamenti saranno coordinati personalmente dal procuratore Giuseppe Pignatone. Il sospetto degli inquirenti è che Guagnelli, scomparso cinque anni fa, sia stato ucciso. Nell’inchiesta sarebbero stati raccolti elementi non riconducibili ad un allontanamento volontario. Di Stefano sarà ascoltato in veste

538em;">di teste indagato in procedimento connesso.

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