Cronache

Una morte su tre si poteva evitare

Secondo il rapporto Eurostat su 1,7 milioni persone decedute in Ue nel 2013, 577.500 si sarebbero salvate con cure migliori

Una morte su tre si poteva evitare

Roma - In Europa la morte di oltre mezzo milione di persone avrebbe potuto essere evitata alla luce delle attuali conoscenze mediche. Secondo l'Ufficio Statistiche dell'Unione Europea, Eurostat, non sono state fornite cure che avrebbero potuto salvare la vita a 577.535 cittadini europei di età inferiore ai 75 anni. In media nella Ue una persona su tre (33,7 dei casi) ha perso la vita perché non ha avuto disposizione terapie efficaci. In Italia la percentuale è appena migliore della media Ue, 33 per cento. Percentuale che però in termini assoluti fa venire i brividi: sono 52.098 le persone che avrebbero potuto essere salvate con interventi appropriati.

Il Rapporto Eurostat, riferito all'anno 2013, denuncia come su un milione e 700mila morti di età inferiore ai 75 anni circa un terzo, il 33,7 per cento, si sarebbe potuto salvare. Quelle morti sono premature perché avrebbero potuto esser evitate con le attuali conoscenze della medicina. Tra le 577.535 morti un terzo è dovuto ad attacchi di cuore, 184.800 decessi; il 16 ad ictus, 93.900; il 12 al cancro del colon, 67mila; il 9 al cancro del seno, 50.800; il 5 a malattie legate all'ipertensione, 28.700; il 4 alla polmonite, 24.100. La classifica non riserva particolari sorprese. In fondo ci sono paesi che non hanno standard adeguati nel settore della salute pubblica. Fanalino di coda la Romania con il 49,4 per cento di morti evitabili. Poi la Lettonia, 48,5. Con la Grecia si scende al 37,1. Male anche il Regno Unito con il 34,2. In cima alla classifica la Francia con il 23,8 poi la Danimarca con il 27,1 e infine l'Olanda con 29,1 seguita dalla Germania con il 31,3. Ma che cosa significa che queste morti avrebbero potuto essere evitate? Se si prende in considerazione la prima causa, ovvero l'attacco cardiaco, non è difficile presupporre che in molti casi si sarebbe potuto evitare il decesso se ci fosse stato subito a disposizione un defibrillatore. Solo in Italia le morti per infarto sono circa 75mila.

Proprio per questo dopo diversi e drammatici fatti di cronaca che videro giovani perdere la vita mentre svolgevano attività sportive nel 2013 l'allora ministro della Sanità, Renato Balduzzi, con un decreto impose a tutte le società sportive, piccole e grandi di dotarsi di un defibrillatore automatico. La norma è stata però ripetutamente prorogata anche rispetto all'ultimo termine previsto per gennaio 2016. Ora il termine ultimo per l'adeguamento è stato spostato a luglio di quest'anno. Il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, che ieri è intervenuta alla presentazione del libro che ripercorre i 50 anni di attività dell'Aiop (Associazione italiana ospedalità privata), sottolinea come l'Italia abbia «performance migliori della media europea» mentre «il tema aperto è quello della diseguaglianza tra sanità regionali». E proprio ieri il Senato ha licenziato il ddl Sanità, che concede al governo la delega per il riordino di diversi settori della sanità: sperimentazione clinica dei medicinali, sicurezza degli alimenti, sicurezza veterinaria, disposizioni di riordino delle professioni sanitarie, tutela della salute umana e benessere animale. Tra le novità l'istituzione di due nuove figure professionali, l'osteopata e il chiropratico.

Il ddl ora torna alla Camera.

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